Trama del film Regression

Regression - fotogramma

Minnesota, 1990. Il Detective Bruce Kenner (Ethan Hawke) sta indagando sul caso di una giovane di nome Angela (Emma Watson), che accusa il padre, John Gray (David Dencik), di un crimine terribile. Quando John, inaspettatamente e senza averne memoria, ammette la sua colpa, il famoso psicologo Dottor Raines (David Thewlis) viene chiamato per aiutarlo a rivivere i suoi ricordi, ma ciò che verrà scoperto smaschererà un orribile mistero.

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L'orrido peplum d'"Agora" (2009) narrava d'orbit'ellittiche in cui uno dei due fuochi è occupato da un corpo celeste mentre l'altro fuoco resta vuoto, occupato da un corpo solo virtuale. Il film seguiva questa falsariga sbilanciandos'in un'invettiva fondamentalista contro l'oscurantismo religioso e a favore dello scientismo laicista. Amenábar sembr'aver dedicato un quinquenni'abbondante per studiare l'epistemologia dell'ultimo secolo così da riproporsi più aggiornat'e agguerrito che mai con un'eccellent'e imprevista sorpresa: la sua nuov'idea d'ellisse propon'i due fuochi di religione e scienza, mythos e logos, alla pari e per di più ambedue insufficienti. Fors'unicamente dalla loro combinazione può sorger'un tertium diverso e persino risolutivo. "Regression" ha deluso chiunque: 15% su Rotten Tomatoes (media voto 4.2/10), 32% su Metacritic, 1.5/5 su AllMovie, 5.7/10 su IMDb, flop d'incassi. Magari ci s'attendev'il solit'horror soprannaturale della scuola spagnola (Balagueró), oppure quell'approfondimento fra massoneria, messe nere, sètt'e riti satanici sfiorato dall'ultimo Kubrick ("EWS", 1999) e che la duplice stagione di "True Detective" pareva promettere mentr'invece l'ha evitato quanto la peste bubbonica. Il film d'Amenabár mette le cart'in chiaro sin dal titolo: lo spazio per fideistiche credenze sull'incarnazione del Male è concesso da una scienz'immatura ch'usa strument'infondati, in questo caso basati s'un'inconscia suggestione di massa aka isterica psicosi collettiva. È dura colpire due piccioni con un'unica fava, e il demolire all'unisono "fides et ratio", quando son'entrambi privi del dubbio metodic'o sistematico, può irritare tanti sia fra il pubblico che fra i recensori. "Cinema sulla difficoltà del mantenere un pensier'autonomo in un mondo che, mediaticament'e socialmente, impone le proprie idee omologat'e standardizzate per aderirvi volenti e non": l'Atom Egoyan di "Devil's Knot" (2013) aveva già tentato qualcosa di molto simil'e con risultati paragonabili. Su IMDb la bella rece d'un utente paragona "Regression" a un contraltare di "Spotlight" (2015): stess'incedere cogitabondo, analogo twist final'e denuncia dell'altra faccia della medaglia, la "cacci'alle streghe" o addirittura al Demonio personificato. Il persistere d'un elemento di squilibrio potrebb'essere indiduato nel ruolo della figura femminile: prim'idolatrata l'Ipazia della Weisz, adesso colpevolizzata la Watson. Con tutt'il rispetto per Calderón de la Barca, il regista d'origine cilena continu'a dirsi e a dirci: "Apri gli occhi" (1997).
Mauro Lanari e Orietta Anibaldi
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Amenábar s'è davvero spinto oltre: la “mess'a fuoco” sulla propria ingannevole percezione, lo schianto dell'opposte prospettive scientista e fideistico-religiosa, l'approdo a una terza via ipercritica quale oltrepassamento d'ideologiche partigianerie. Il regista spagnolo consegna una preziosissima testimonianza sull'onnipresente pericolo di condizionamenti auto ed etero-indotti, nonché sulla fallacia d'ogni faziosa presa di posizione; e, fr'atmosfere grevi ch'evocano inveterate epoche buie del pensiero, c'ammonisce sull'irrinunciabile importanza di ragionare di là d'accecanti schemi mentali.
Chapeau.

Davide Schiavoni

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