- Rossana: Quante volte ci hai provato? - Cecilia: Quattro! E se non resto incinta non è che posso adottarlo no! Perché ad una donna single non li danno!
- Rosalba: Apri Luciana! - Luciana: No! - Rosalba: Esci che siamo ancora in tempo! - Luciana: No, li non ci torno manco morta! - Rosalba: Perché mi fai questo? - Luciana: Perché sono comunista!
Ira: Salve, commissario. Ma questo è lo sbirro buono, quello cattivo dove l'avete lasciato? Roberto: Facciamo i turni, ma se vuoi, te faccio stà cinque minuti da solo con lui. Giulia: Ardenzi... Ieri, mi sono chiesta dove avessi già visto questo disegno. Ira: è soltanto uno scarabocchio... Giulia: Sì, è uno scarabocchio. Poi, però, ho visto questo... Come vedi il soggetto è lo stesso, però questo qui, questo qui, l'ha fatto un bambino, dieci anni fa e l'ha dato a mio padre... mio padre l'ha conservato, perché? Altieri: No, no, non si deve mettere a parlare del padre; se comincia a parlare del padre, non ne esce più, troppo dolore... De Santis: Lei questo lo sapeva, ancor prima di acconsentire all'interrogatorio. Altieri: Sì, forse è stato un errore. De Santis: No, no, aspettiamo, dottore, aspettiamo. Giulia: Perché? Che fine ha fatto quel bambino? Mio padre, lo voleva salvare; per questo, quelli che adesso ti pagano, l'hanno ucciso. Anch'io vorrei aiutarlo, ascoltarlo, per capire. Quel bambino sei tu. Ira: Dovresti avere più rispetto, commissario. Questo bambino è morto dieci anni fa. Non esiste più. E questo gioco non mi piace. Voglio andare via. Riportatemi in cella. Voi non potete tenermi qui. Commissario, voi non potete tenermi qui. Roberto: Siediti... Giulia: Allora, che t'è successo dieci anni fa? Ira: Nessuno li capisce quelli come me, vero commissario? Sono parole tue? Giulia: Come ti chiami, veramente? Ira: E adesso tu che cosa vorresti capire? Giulia: Riccardo? Ira: No. Giulia: Riccardo Corsi? Ira: No. Giulia: No. E allora come? Ira: Trentuno. Mi chiamo trentuno. Come un numero. Trentuno. Il numero del mio letto. Perché? Perché durante la guerra, commissario, in Bosnia, le milizie, uccisero i miei genitori quando io avevo due anni e mi rinchiusero in un istituto, alla periferia di Belgrado. Il mio nome? Trentuno. E poi io non volevo essere un numero, allora sono scappato. Ho vissuto d'espedienti, insieme a altri bambini, per strada... lo sa come ci chiamavano? "La banda degli orfani di guerra"! Divertente, vero? Poi è ritornata la milizia, che doveva bonificare la città e allora ci riportò indietro, in quel maledetto istituto... Era una notte di guerra, commissario, arrivarono due uomini, facevano parte della mafia slovena, hanno preso tre di noi, ci hanno caricato su un camion, ci hanno portato in Italia e lì... ci hanno venduti a un uomo, non eravamo più dei numeri, ma dei giocattoli. Quel posto, era peggio di prima e allora sono scappato di nuovo, tuo padre mi ha trovato, voleva sapere dove fossero gli altri due bambini, dov'erano nascosti, ma io non mi ricordavo niente, mi ricordavo solo quella stanza buia e quei segni sul muro. Tuo padre, ha preso il mio disegno, mi ha detto che sarebbe ritornato, ma non l'ha mai fatto e, al suo posto, è venuto quell'uomo, che mi ha riportato indietro... Giulia: Perché hai preso il nome di mio padre? Ira: Perché era l'unico che riusciva a capirmi... era l'unico che mi trattava come un essere umano... era come un padre, per me, ma poi l'hanno ucciso... Giulia: Poi che è successo? Perché sei rimasto con loro? Ira: Perché quando non hai niente nella vita, non stai a guardare chi ti tende la mano. Giulia: Come si chiama l'uomo che t'ha portato via? Ira: Poi ti senti schifoso... Giulia: Dimmi come si chiama. Ira: Ti senti marcio... Giulia: Ti sostituiranno, lo capisci? Ira: Come se fosse colpa tua? Giulia: No. Ira: Perché, alla fine, in fondo, anche tu, sei come loro... Giulia: No, tu non sei come loro... Ira: Ti dici che tutto quel dolore, te lo sei meritato... Giulia: Tu sei diverso. Sei una vittima. Dimmi come si chiama quell'uomo. Ti sostituiranno, Ira! Appena si accorgono che non gli servi più! Perché non lo capisci? Perché continui a difenderli ancora? Ti sto chiedendo soltanto un nome! Ira: Basta, commissario! Adesso, sai come sono andate le cose... Hai avuto la tua storiella, no? Ma non sarò io a tradirlo... non sarò io a tradirlo. E, adesso, per favore, riportatemi in cella.
Ira: dovresti avere più rispetto, commissario, questo bambino è morto dieci anni fa, non esiste più! E questo gioco non mi piace, voglio andare via, riportatemi in cella! Voi non potete tenermi qui. Commissario, voi non potete tenermi qui! Roberto: siediti. Giulia: Allora? Che ti è successo dieci anni fa? Ira: nessuno li capisce quelli come me, vero commissario? Sono parole tue! Giulia: come ti chiami veramente? Ira: e adesso tu cosa vorresti capire? Giulia: Riccardo? Ira: no. Giulia: Roccardo Corsi? Ira: no. Giulia: no. E allora come? Ira: 31. Mi chiamo 31, come un numero. 31. Il numero del mio letto. Perché? Perché durate la guerra in Bosnia, le milizie uccisero i miei genitori quando io avevo due anni e mi rinchiusero in un istituto alla periferia di Belgrado. Il mio nome. 31. E poi io non volevo essere un numero, e allora sono scappato. Ho vissuto di espedienti con altri bambini, per strada. Sa come ci chiamavano? La banda degli orfani di guerra. Poi è tornata la milizia che doveva bonificare la città e allora ci riportò indietro, in quel maledetto istituto e quella notte, commissario, arrivarono due uomini, facevano parte della mafia slovena, hanno preso tre di noi, ci hanno caricato su un camion, ci hanno portato in Italia e lì ci hanno venduti ad un uomo. Non eravamo più dei numeri, ma dei giocattoli. Quel posto era peggio di prima e allora sono scappato di nuovo e tuo padre mi ha trovato: voleva sapere dove fossero finiti gli altri due bambini, dov'erano nascosti, ma io non mi ricordavo niente, ricordavo solo quella stanza buia e quei segni sul muro. Tuo padre ha preso il mio disegno, mi ha detto che sarebbe ritornato ma non l'ha mai fatto e al suo posto è venuto quell'uomo, che mi ha riportato indietro Giulia: perché hai preso il nome di mio padre? Ira: perché era l'unico che riusciva a capirmi, era l'unico che mi trattava come un essere umano, era come un... padre per me, ma poi l'hanno ucciso. Giulia: poi cosa è successo perché sei rimasto con loro? Ira: perché quando non hai niente nella vita, non stai a guardare chi ti tende la mano. Giulia: come si chiama l'uomo che ti ha portato via. Ira: poi ti senti schifoso... Giulia: dimmi come si chiama. Ira: ti senti marcio... Giulia: ti sostituiranno, non lo capisci? Ira: come se fosse colpa tua... Giulia: no. Ira: perché alla fine, infondo, anche tu sei come loro. Giulia: no. Tu non sei come loro. Ira: ti dici che tutto quel dolore, te lo sei meritato...
Roberto: Giulia? Fermati Giulia. Giulia: devo fare un'indagine, Roberto. Devo fare un'indagine Roberto: non oggi. Oggi devi saluarlo. Devi dirgli addio. Lascialo andare, Giulia Giulia: Io non ce la faccio, non ce la faccio. Io non sono come te, non sono come te, io non sono niente senza Paolo.
- Sabina: Io non voglio morire Giulia, non voglio morire. - Giulia: Ce la faccio, ce la faccio, ce la faccio, Sabina. - Sabina: Giulia... - Giulia: Amore ce la faccio, ce la faccio. - Sabina: Giulia! Sei arrivata in tempo... qualunque cosa possa accadere adesso, tu, per me, sei arrivata in tempo. - Giulia: Questo è il filo dell'innesco, lo stacco? - Sabina: Cosa avrebbe fatto papà? - Giulia: stacca il filo, la bomba si ferma. - Giulia: Amore ce l'abbiamo fatta. - Sabina: Si. - Giulia: Amore mio ti voglio tanto bene [la bomba riparte] no! Ne è partito un altro, Sabina. Ne è partito un altro. - Sabina: Vattene Giulia! Va via! Voglio che tu te ne vada! - Giulia: Dove vado? Dove vado io senza di te? Io non potrei sopravviverti amore, lo capisci?