11 Marzo 2011, un terremoto di magnitudo 9 nella scala Richter, seguito da uno tsunami, colpivano il Giappone, provocando l’incidente nucleare a Fukushima e causando la morte di 18 mila persone.
Alle ore 14.46 locali, il momento in cui si è registrato il terremoto, il Giappone, quattro anni dopo, si è fermato per osservare un minuto di silenzio per ricordare le vittime e le 230 mila persone che, ancora adesso, vivono in condizioni di difficoltà.
Alla cerimonia del governo, organizzata al Teatro Nazionale di Tokyo, l’imperatore Akihito e il premier Shinzo Abe, insieme ai parenti delle vittime, hanno commemorato la loro memoria ma i dubbi per quanto successo sono ancora molti.
L’Agenzia Internazionale per l’energia atomica classificò l’incidente di Fukushima al livello 7 della scala, livello raggiunto solamente dal disastro di Chernobyl; gli ultimi studi, risalenti ad aprile 2014, dell’Agenzia delle Nazioni Unite rassicurano le famiglie esposte alle radiazioni: “Non sono stati osservati casi di malattie acute o di decessi dovuti alle radiazioni tra i lavoratori o i cittadini in seguito all’incidente”, si legge sul rapporto dell’Onu. “Le dosi cui sono stati esposti gli abitanti della zona sono in genere basse o molto basse.”
In realtà la certezza sui reali effetti che le radiazioni possono avere a lungo termine sulle condizioni di salute non ci sono poiché, come affermano gli scienziati, non esiste una dose di radiazioni che possa essere definita innocua, per quanto bassa possa essere.
La commemorazione, oltre che in Giappone, è avvenuta in contemporanea in quattro città del mondo tra cui Roma dove, dall’alba, in piazza del Campidoglio, il ricordo delle vittime tsunami del 2011 va avanti tra musica, parole e collegamenti da tutto il mondo.