Era il 15 aprile 1967, le 3:30 del mattino, aveva 69 anni: si spegneva il genio della commedia italiana, Antonio De Curtis, meglio conosciuto con lo pseudonimo di Totò.
Gli ultimi istanti della sua vita rimangono ancora contraddittori. Come riporta il sito a lui dedicato:
“Ho un formicolio al braccio sinistro” mormorò pallidissimo. Franca capì subito: era il cuore. […] Alle due di notte si svegliò e rivolgendosi al cardiologo disse “Professò, vi prego, lasciatemi morire, fatelo per la stima che vi porto. Il dolore mi dilania, professò. Meglio la morte” e rivolgendosi al cugino “Eduà, Eduà mi raccomando. Quella promessa: portami a Napoli”. Le ultime parole furono per Franca “t’aggio voluto bene, Franca. Proprio assai” […] non trovano però riscontro nel racconto della figlia Liliana, seconda la quale le ultime parole del padre furono: “Ricordatevi che sono cattolico, apostolico, romano”.
Ma di lui si deve ricordare il genio: lo stereotipare l’italianità in ogni sua forma, lo scherzare con la propria terra, la mimica facciale che lo ha reso unico e la società dell’epoca. Con il suo modo giocoso era riuscito a incontrare un giovanissimo Mike Bongiorno (in ” Totò Lascia o Raddoppia?”), aveva messo in luce una società di magnaccioni riuscendo a vendere la Fontana di Trevi (in “Tototruffa 62”), era diventato un falsario (in “La banda degli onesti”). Tutto sempre con un epilogo che però ridesse valore alla sua figura, maschera idilliaca che rifletteva la società dell’epoca.
Totò lavorò sia in teatro (con oltre 50 titoli) che al cinema (con 97 pellicole), oltre alla televisione, per la quale girò 9 telefilm e vari sketch pubblicitari. I suoi film sono entrati nel primato per la storia del cinema italiano perché sono stati visti da oltre 270 milioni di spettatori.
Purtroppo il meritato titolo di mito, come accade spesso in questi casi, è arrivato post mortem con il riconoscimento internazionale.
È stato anche un paroliere. Tutti ricorderanno la canzone “Malafemmina”, utilizzata poi nell’omonimo film “Totò, Peppino… e la Malafemmina”. E da quel film, ecco la scena più famosa, che tutti ricorderanno: la lettera.