La nostalgia avanza repentina
tra i viali di oleandri ai confini delle siepi
non si ode nessun canto.
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La nostalgia avanza repentina
tra i viali di oleandri ai confini delle siepi
non si ode nessun canto.
Lo so che sei triste.
Facciamo che ti chiudi a chiave nel mio cuore
e ne esci quando tornerai a sorridere.
Tal immenso essere,
dal finito nome
e dall'infinito significato.
Essere infinitamente grande
pervaso dal senso di limitatezza
del suo finito nome.
Qual nome descrive l'immenso?
Alcuna parola concepisce l'infinito,
poiché delimitata dal suo essere.
O essere, in quante forme esisti?
Distruggi ciò che crei,
crei ciò che distruggi.
Illimitato essere cosa sei?
Sei come il vuoto dell'universo,
oppure come il pieno della vita?
Non so descrivere la tua immensità,
ma mi limito a dir il tuo limitato nome,
amore.
Intriso di un ritorno è il cuore doppio
di ogni madre che per amore
se ne strappa uno dal corpo.
Ti guardo e sorrido
ti guardo e penso
penso che la vita è bella
è allegria!
Un soffio di vento
un ruscello alla sua fonte
un fiore che sboccia
è allegria!
Il profumo del pane
il rosso delle fragole
un bambino che gioca
è allegria!
Sei tu,
che rubi
i miei sguardi,
nella tua eterna poesia
di mani e occhi,
fra tormento e visione,
nei gesti scalzi
di bambini gioiosi,
accoccolati
fra gioco e sole.
Sei tu,
che rubi
i miei giorni,
nelle tue dolci armonie
di parole e silenzi,
fra lotta e vita,
nei discorsi sospesi
di equilibristi equestri,
in bilico
fra gloria e morte.
Sei tu,
e nessun'altra.
Tremebondo vado e vengo,
seguendo l'ombra
delle tue parole,
annusandole,
toccando con mano
il contorno delle vocali,
ascoltando il mistero
di quelle consonanti,
il cadere delle virgole,
l'infrangersi dei punti,
fiutando come un segugio
il nettare dei tuoi pensieri,
il sapore palindromo
dei tuoi silenzi,
il segreto
incarnato nel tuo verbo.
I tuoi capelli come tentacoli
mi avvolgono
le mie mani come artigli
ti ghermiscono
avvinti nella dolce lotta che
mescola i nostri corpi
mescola il nostro sangue
fremente il mio corpo
addenti
spasmodico la tua pelle
lacero
come inebrianti tormenti
le nostre labbra
dispensano sulle nostre carni
voluttà infinite
all'unisono i nostri dorsi
si inarcano
ad artigliare estatici
il mistero profondo
ci accasciamo esanimi
in un'ultima stretta
feriti entrambi
di una morte caduca.
Ricordi?
Facemmo volare un palloncino,
gli affidammo due promesse,
qualche smanceria e dei momenti.
Chissà dove arrivò,
quanta strada tra nuvole e aria
quanta polvere ha portato via.
Ricordi?
Gli demmo anche un nome,
lo seguimmo con gli occhi
- da innamorata ti si schiarivano, lucidi-
lasciare dietro il nastro sottile: ondeggiare.
Saliva fiero verso il sole,
danzando e benedicendo il nostro cuore,
e poi via dalla nostra vista:
troppo piccola per tenergli il passo.
Ricordi?
facemmo volare un palloncino,
liberandolo dall'asfalto,
sporco, corrotto, rovinato,
regalandogli i nostri occhi alleati.
Chissà se almeno lui, li ha tenuti.
Lo sento così forte
che a piccoli tocchi
scandisce come stille d'autunno
sulla mia pelle
in quelle giornate umide e fredde
dove pervade quel senso
di nostalgia e malinconia.
Forse non lo sai ma
non c'è nulla per me
più di quanto io voglio a te
amore mio infinito.
Chiudo gli occhi
immagino che sei qui
accanto a me
e il tuo amore
si riversa su di me
so di essere finalmente libera
da ogni solitudine.