Dolce
Dolce
era il seme dell'uomo
come un latte materno dimenticato,
e più
se mi avesse abbracciato
per amore
e non solo per gioco
o per angoscia
di un passato perdente,
di un passaggio – diceva –
irrilevante,
o per la cecità di tutti i sogni
che quasi senza vita dipingeva.
Dolce
era il viso dell'uomo
che recitava amore sui cuscini
con tenera sapienza, ed ingannava
persino me, che il gioco conoscevo.
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