Scritta da: Jocondola
in Poesie (Poesie d'Autore)
Epigramma
Poteva Beatrice creare come Dante,
o Laura cantare il fuoco dell'amore?
Io ho insegnato alle donne a parlare...
mio Dio, ma come obbligarle a tacere?
Composta sabato 30 novembre 1957
Poteva Beatrice creare come Dante,
o Laura cantare il fuoco dell'amore?
Io ho insegnato alle donne a parlare...
mio Dio, ma come obbligarle a tacere?
Ciò accadde allorché a sorridere
Era solo chi è morto - lieto della pace.
E, appendice inutile, si sbatteva
Leningrado intorno alle sue carceri.
E allorché, impazzite di tormento,
Condannate ormai andavano le schiere
E breve canzone di distacco
I fischi cantavano delle locomotive.
Stelle di morte incombevano su noi
E innocente la Russia si torceva
Sotto sanguinosi stivali
E copertoni di neri cellulari.
Tu verrai comunque
perché dunque non ora?
Ti attendo
sono sfinita
Ho spento il lume e aperto l'uscio
a te, così semplice e prodigiosa.
Prendi per questo l'aspetto che più ti aggrada
irrompi come una palla avvelenata
o insinuati furtiva come un freddo bandito
o intossicami col delirio del tifo
o con una storiella da te inventata
e nota a tutti fino alla nausea
che io veda la punta di un berretto turchino
e il capopalazzo pallido di paura.
Ora per me tutto è uguale
turbina lo Enisej
risplende la stella polare
e annebbia un ultimo terrore
l'azzurro bagliore di occhi addolorati.
Non ho chiuso le tendine,
guarda dritto nella stanza.
Perché non puoi fuggire
oggi sono così allegra.
Dimmi pure svergognata,
scagliami i tuoi sarcasmi:
sono stata la tua insonnia,
la tua angoscia sono stata.
La porta è socchiusa
La porta è socchiusa,
dolce respiro dei tigli...
Sul tavolo, dimenticati,
un frustino ed un guanto.
Giallo cerchio del lume...
tendo l'orecchio ai fruscii.
Perché sei andato via?
Non comprendo...
Luminoso e lieto
domani sarà il mattino.
Questa vita è stupenda,
sii dunque saggio cuore.
Tu sei prostrato, batti
più sordo, più a rilento...
Sai, ho letto
che le anime sono immortali.
Colombaia dorata sull'acqua,
tenera e verde struggente,
e una brezza marina che spazza
la scia sottile delle barche nere.
Che dolci, strani volti tra la folla,
nelle botteghe lucenti balocchi:
un leone col libro su un cuscino a ricami,
un leone col libro su una colonna di marmo.
Come su di un'antica tela scolorita,
il cielo azzurro fioco si rapprende...
ma non si è stretti in quest'angustia,
e non opprimono l'umido e l'afa.
Fiaccata dai tuoi lunghi sguardi,
io stessa ho appreso a far soffrire.
Creata da una tua costola,
come posso non amarti?
Esserti tenera sorella
è il legato di un fato antico,
ed io sono diventata l'astuta, avida,
dolcissima tua schiava.
Ma quando, mite, mi abbandono
sul tuo petto più bianco della neve,
come esulta e si fa saggio il tuo cuore,
sole della mia patria!
Io sono la vostra voce, il calore del vostro fiato,
il riflesso del vostro volto,
i vani palpiti di vane ali...
fa lo stesso, sino alla fine io sto con voi.
Ecco perché amate così cupidi
me, nel mio peccato e nel mio male,
perché affidaste a me ciecamente
il migliore dei vostri figli;
perché nemmeno chiedeste di lui,
mai, e la mia casa vuota per sempre
velaste di fumose lodi.
E dicono: non ci si può fondere più strettamente,
non si può amare più perdutamente...
Come vuole l'ombra staccarsi dal corpo,
come vuole la carne separarsi dall'anima,
così io adesso voglio essere scordata.
Al collo un filo di esili grani,
celo le mani nel largo manicotto,
gli occhi guardano distratti
e non piangeranno mai più.
Sembra il volto più pallido
per la seta che tende al lilla,
arriva quasi alle sopracciglia
la mia frangetta non ondulata.
E non somiglia ad un volo
questa lenta andatura, quasi avessi
sotto i piedi una zattera
e non i quadretti del parquet.
La bocca bianca è socchiusa,
ineguale il respiro affannato,
e sul mio petto tremano i fiori
dell'incontro che non c'è stato.