Lungo il vecchio sobborgo, ove le persiane pendono dalle catapecchie rifugio di segrete lussurie, quando il sole crudele batte a raggi raddoppiati sulla città e i campi, sui tetti e le messi, io mi esercito tutto solo alla mia fantastica scherma, annusando dovunque gli imprevisti della rima, inciampando nelle parole come nel selciato, urtando qualche volta in versi a lungo sognati.
Questo padre fecondo, nemico di clorosi, sveglia nei campi i vermi e le rose, fa svaporare gli affanni verso il cielo, immagazzina miele nei cervelli e negli alveari. È lui a ringiovanire coloro che vanno con le grucce e a renderli allegri, dolci come fanciulli, lui a ordinare alle messi di crescere e maturare entro il cuore immortale che vuol sempre fiorire.
Quando, simile a un poeta, scende nelle città, nobilita le cose più vili e s'introduce da re senza rumore, senza paggi, entro tutti gli ospedali e tutti i palazzi.
Questa sera la luna sogna più languidamente; come una bella donna che su tanti cuscini con mano distratta e leggera prima d'addormirsi carezza il contorno dei seni, e sul dorso lucido di molli valanghe morente, si abbandona a lunghi smarrimenti, girando gli occhi sulle visioni bianche che salgono nell'azzurro come fiori in boccio.
Quando, nel suo languore ozioso, ella lascia cadere su questa terra una lagrima furtiva, un pio poeta, odiatore del sonno,
accoglie nel cavo della mano questa pallida lagrima dai riflessi iridati come un frammento d'opale, e la nasconde nel suo cuore agli sguardi del sole.
Triste mio spirito, un tempo innamorato della lotta, la Speranza il cui sperone attizzava i tuoi ardori, non vuole più cavalcarti! Giaciti dunque senza pudore, vecchio cavallo il cui zoccolo incespica a ogni ostacolo.
Rassegnati, cuor mio: dormi il tuo sonno di bruto!
Spirito vinto e stremato! Per te, vecchio predone, l'amore ha perduto il suo gusto, e l'ha perduto la disputa; addio, canti di ottoni e sospiri di flauto! Piaceri, desistete dal tentare un cuore cupo e corrucciato!
L'adorabile Primavera ha perduto il suo profumo.
Il Tempo m'inghiotte minuto per minuto come fa la neve immensa d'un corpo irrigidito io contemplo dall'alto il globo in tutta la sua circonferenza e non vi cerco più l'asilo d'una capanna.
Uomo libero, tu amerai sempre il mare! Il mare è il tuo specchio; contempli la tua anima Nello svolgersi infinito della sua onda, E il tuo spirito non è un abisso meno amaro. Ti piace tuffarti nel seno della tua immagine; L'accarezzi con gli occhi e con le braccia e il tuo cuore Si distrae a volte dal suo battito Al rumore di questa distesa indomita e selvaggia. Siete entrambi tenebrosi e discreti: Uomo, nulla ha mai sondato il fondo dei tuoi abissi, O mare, nulla conosce le tue intime ricchezze Tanto siete gelosi di conservare i vostri segreti! E tuttavia ecco che da innumerevoli secoli Vi combattete senza pietà né rimorsi, Talmente amate la carneficina e la morte, O eterni rivali, o fratelli implacabili!