Scritta da: Eugenio Patanè
in Poesie (Poesie d'amore)
Tu sei nel mare
per io non doverti più perdere
ma guardare - saperti presente
più delle stelle
delle carezze
del sonno.
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Tu sei nel mare
per io non doverti più perdere
ma guardare - saperti presente
più delle stelle
delle carezze
del sonno.
La vita è fatta a incastri
ed io attendo che ritorni il nostro.
Poi, attingerei all'inchiostro;
per volgere in parole il nostro
amore d'alabastro.
L'amore è un viaggio
tra sconfinate idee.
Trafitto da terre, scene d'amanti,
se...
L'amore è il ricordo di chi va ricordato;
è il solvente per l'io, la nostra cura, Dio.
Vorrei assottigliarmi come un foglio di carta.
Aver la consistenza d'una foglia di rose,
la rilucenza danzante del sole
sulle volubili onde del mare.
Vorrei essere – un'ora – una nuvola rosa;
all'orizzonte sospesa e invaporata d'amore
mentre tu viaggi oltre i monti
per ascendere altrove.
Rimirarti potrò al far del giorno,
quando sarò già vapore salmastro;
il nostro amarci potrà sorgere ancora
e lo farà nel bacio del mare.
È rutilante, l'intimo mio firmamento,
finora ignoto al tuo pensier vibrante.
Come vorrebbe ritrovare in te l'etra
sublime ove scalzo danzare; l'etra
preziosa del più redento amare.
Spumose, incedono a riva.
Rapide, corrono: inseguono
il vento. I lucidi bordi corvini – infrangono.
La riva par dirsi "M'ama, non m'ama...",
mentre noi si cammina, lui si racconta.
Non gli importa esser capito – non chiede mai.
Lui e il suo immenso racconto
continuano ad esser presenti.
Vedere spesso il bicchiere mezzo vuoto,
aumenta le probabilità di morir di sete.
Vederlo spesso mezzo pieno, forse, ci
salverà.
Dovremmo comunque
riempire quei vuoti.
Mi farò foglia vibrante,
nuvola stramba – sibilo di vento.
Sfiorerò le tue braccia, raggiungerò
le tue mani; vorrò appartenerti.
Annuseremo le stelle, dall'alto
di questa cima – da dove siamo, adesso.
Talvolta anziché chiudermi dentro –
chiudermi la porta alle spalle,
desidererei – sommamente – chiudermi fuori.
E lì, sì, proprio da quell'altra parte
amerei chiudermi – alle spalle – la porta.
Lentiggini oro sovrastano me,
statico grano che osservo e che ammiro.
Protetto mi sento dal vostro guardarmi,
più siete e più godo di mille attenzioni.
Vi guardo, vi parlo, vi scelgo e vi imploro;
vi prego, vi studio e mi addormento beato.
Se nulla possiedo, è a voi che appartengo.
E cullare mi lascio dall'incanto che siete.
Triste – quanto una vecchia
sgualdrina di strada; come uno strappo
in un ricamato asciugamano di lino.
Acre – è l'odore del cuore; arancia
amara – sarà il suo frutto.