Siamo come pesci confinati in laghi fondi saliamo a pelo d'acqua da freddi fanghi immondi quando il cielo batte a gocce e il cibo cade come rocce. Siamo come pesci assegnati a fiumi mossi battiam le code senza sosta oltre secche, anse e dossi finché s'arriva a monte contro corrente e a corpo morente. Siamo come pesci dispersi in mari vasti vaghiamo in mezzo a strani mostri e siam l'un l'altro i pasti tra mille onde senza confini e ignari dei nostri affini destini. Siamo come pesci a mollo in grandi vasche o in buste buone per le tasche stiam così a penzolar per l'amo abboccando di riflesso ai "ti amo".
È il tuo respiro svelto e sincopato nelle risa e negli abbracci a darmi fiato. È il tuo respiro sopito e sussurrato quando il tuo capo mi posa sul petto a mantenermi ossigenato.
Non ho castelli, non ho cavalli ho queste mani, fresche di calli e ho il mio pane, zuppo di sogni. Son principesse nei vuoti regni invero ciò di cui abbisogni.
So che più non vivrò. In quale istante certo non so, so quando non vorrei, però. Per esempio nei meriggi di questi giorni di febbraio, freddi di vento e freschi di nevaio. C'è una luce adagiata, arancia, che riscopre le cose qui d'intorno, pei raggi fugaci del sole vicino sulla nostra azzurra trottola in curva di fine inverno. Nunzio è persino un arco in cielo, che dopo la pioggia breve fa di gocce pinte un velo. Indugi di primavera a venire, del periodo estivo poi a seguire. Lunghi, caldi, calmi giorni quelli. Attesi, quindi ancor più belli. Cader ai piedi della duna, di sabbia che scende al mare, e non potersi rialzare... la luce rossa tra la pelle, che cala sulle larghe pupille, e sensi d'incanti lì a svanire... no, non è la stagione (neanche questa) per morire.
Se ne stanno caldi, e se ne stanno cheti, nel buio profondo di presse pareti. A volte si fan cavare al mondo, e si fan tagliare a tondo, a far da stella dietro gran cassa, quando la luce ben li trapassa. Mentre la vita invecchia e passa, per quelli in carne e ossa, per loro no, ché di supremo carbonio, ché per sempre splendono. Dannati a bellezza, sottratti al demonio, a morte mai s'arrendono.
Più lontano ti spingi oltre l'orizzonte, più vicino raggiungi di tutto la fonte. Poi di saggezza e virtù ti cingi la fronte, però passato ogni ponte, o seduto come il monte?
Come tra le pieghe del reale son tessuti i finiti disegni del grande universale, Così questo è l'infinito intreccio di ogni piccolo particolare, E del visibile le porte invisibili si aprono in spazitempi immisurabili. Già; in fine della vita si morirà.