Parliamo, non chiudiamoci nel silenzio, mano nella mano, senza abbassare il capo, ma guardandoci negli occhi con coraggio, ammettiamo i nostri errori; non importa se sono più gravi i miei o i tuoi, sapere chi ha sbagliato per prima non consola, ma è urgente liberarci da ogni astio, senza vinti né vincitori, ritrovar la fiducia l'un nell'altro, e lasciar che dal cuore una risata esploda sulla nostra stupidità, che per un attimo ci ha fatto scordare che niente al mondo è più bello dell'amore.
Rotola la vita come un barattolo preso a calci di notte sulla strada; messo in moto da un piede distratto o da qualcuno che ci vuol giocare, si ferma un po' qua un po' là, in attesa di altro impulso, per riprendere la sua corsa verso il niente, senza meta, senza fretta alcuna, tanto sa che prima o poi una ramazza lo spingerà in un cassone, per finire in un triste deposito di rifiuti.
Uomini contro i loro simili come bestie impazzite, fragore di ordigni di morte, sangue e distruzione fra gli inermi. La follia umana è esplosa ed ha per nome guerra, e per effetto il terrore delle genti, e per cagione l'avidità dei forti. Chi ridarà vita a questi corpi esangui, quale mano pietosa asciugherà le lacrime di tante madri affrante; potranno mai scordare gli occhi di un bimbo la visione terribile dell'odio, della morte? Ma nel deserto sto gridando la mia rabbia e la mia voce si perde sulla sabbia.
Correre, fuggire, sottrarsi senza capir da chi, senza saper perché; strane inquietudini, paure confuse e indistinte di mostri senza volto; bisogno di gridare, di sciogliere il tuo pianto sulla spalla di qualcuno che ti sussurri il coraggio; e intanto correre, correre, inciampando, ansimando.
Poi la salvezza del risveglio nel presente e il sollievo che l'incubo è finito, anche se dentro di te vaga traccia rimane di ciò che hai sognato e ancor ti chiedi adesso da chi fuggir volevi, se da una minaccia altrui o da te stesso.
Il cielo a poco a poco s'è oscurato, in lontananza già rimbomba il tuono saette e lampi quasi squarcian l'aria, uccelli a volteggiar più non ci sono.
Un vento strano all'improvviso arriva con strani odori ed umide folate, scuote le cime degli alberi ed infuria contro le persiane già serrate.
Poi senti picchiettar le prime gocce di sopra ai tetti e una finestra sbatte, ancora un lampo, un tuon ravvicinato ed apre il ciel le sue cataratte.
Fitta e scrosciante ora vien la pioggia, odor di spenta polvere recando, in mille rivoli corre per le strade, sul selciato le sue bolle formando.
La gente allunga il passo, va al riparo, apre gli ombrelli che il vento rivolta, sotto le tende dei negozi aspetta o stretta sul gradino di una porta.
Chi può raggiunge l'auto correndo, c'è chi accetta un passaggio da chi passa, chi copre il capo alzandosi la giacca o il sacco della spesa buffo indossa.
Certo, per qualche ora è lo scompiglio, ma più tardi sarà l'aria più pura, gioirà la campagna e il nuovo verde renderà più splendente la natura.
Un senso di frescura sulla pelle, gli scarponi che affondan nella terra facendo gracidar le foglie morte, luce irreal filtrata dalle chiome di alberi svettanti verso il cielo. L'occhio si posa su ridenti fiori, il piede inciampa su sterpi contorte, il profumo del muschio inebria l'aria. S'ode stormir di fronde e mille uccelli intracciano lor canti con i grilli. È il bosco, degli gnomi e delle fate, affascinante e dal mistero avvolto, dove la mente trova il suo ristoro e l'alma un indicibile conforto.
Metterci insieme, per confrontar esperienze e sogni, per sovrapporre al grigio del passato colori vivi di dolcezza e amore, per tergere la mente dalle nebbie di ricordi sgradevoli e ingombranti, per attinger ad una stessa fonte la forza di affrontar ogni frangente. Vivere insieme, per tenerci la mano lungo viali di cipressi solenni e poderosi e con pacato passo , sorridendo, percorrere il resto del cammino, incontro al sol vermiglio del tramonto.