Le migliori poesie di Jacques Prévert

Poeta e sceneggiatore, nato domenica 4 febbraio 1900 a Neuilly-sur-Seine (Francia), morto lunedì 11 aprile 1977 a Omonville-la-Petite (Francia)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi e in Umorismo.

Scritta da: Barbara Peteani

Canzone per i bambini l'inverno

Nella notte d'inverno
galoppa un grande uomo bianco
galoppa un grande uomo bianco

è un omone di neve
ha una pipa di legno
un omaccio di neve
inseguito dal freddo

arriva in paese
arriva in paese
vedendo la luce
si sente sicuro

in una casetta
entra e non bussa
in una casetta
entra e non bussa
e per riscaldarsi
e per riscaldarsi
si siede sulla stufa arroventata
e d'improvviso ecco che scompare
e rimane solamente la sua pipa
proprio nel mezzo di una pozzanghera
e rimane solamente la sua pipa
e il suo vecchio cappello.
Jacques Prévert
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    Scritta da: Silvana Stremiz
    Padre Nostro che sei nei cieli
    Restaci
    E noi resteremo sulla terra
    Che qualche volta è così attraente
    Con i suoi misteri di New York
    E i suoi misteri di Parigi
    Che ben valgono i misteri della Trinità
    Con il suo minuscolo canale dell'Ourcq
    La sua grande Muraglia Cinese
    Il suo fiume di Morlaix
    Le sue caramelle alla Menta
    Con il suo Oceano Pacifico
    E le sue due vasche alle Tuileries
    Con i suoi bravi bambini e i suoi mascalzoni
    Con tutte le meraviglie del mondo
    Che sono là
    Con semplicità sulla terra

    A tutti offerte
    Sparse
    Esse stesse meravigliate d'esser tali meraviglie
    E che non osano confessarselo
    Come una bella ragazza nuda che mostrarsi non osa
    Con le spaventose sventure del mondo
    Che sono legioni
    Con i loro legionari
    Con i loro carnefici
    Con i padroni di questo mondo
    I padroni con i loro pretoni gli spioni e marmittoni
    Con le stagioni
    Con le annate
    Con le belle figliole e i vecchi coglioni
    Con la paglia della miseria che imputridisce nell'acciaio dei cannoni.
    Jacques Prévert
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Je suis comme je suis

      Je suis comme je suis
      Je suis faite comme ça
      Quand j'ai envie de rire
      Oui je ris aux éclats
      J'aime celui qui m'aime
      Est-ce ma faute à moi
      Si ce n'est pas le même
      Que j'aime chaque fois
      Je suis comme je suis
      Je suis faite comme ça
      Que voulez-vous de plus
      Que voulez-vous de moi

      Je suis faite pour plaire
      Et n'y puis rien changer
      Mes talons sont trop hauts
      Ma taille trop cambrée
      Mes seins beaucoup trop durs
      Et mes yeux trop cernés
      Et puis après
      Qu'est-ce que ça peut vous faire
      Je suis comme je suis
      Je plais à qui je plais
      Qu'st-ce que ça peut vous faire
      Ce qui m'est arrivé
      Oui j'ai aimé quelqu'un
      Oui quelqu'un m'a aimée
      Comme les enfants qui s'aiment
      Simplement savent aimer
      Aimer aimer...
      Pourquoi me questionner
      Je suis là pour vous plaire
      Et n'y puis rien changer.
      Jacques Prévert
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        Per ridere in società

        Ha messo la sua testa il domatore
        nella gola del leone
        io
        ho infilato due dita solamente
        nel gargarozzo dell'Alta Società
        Ed essa non ha avuto il tempo
        di mordermi
        Anzi semplicemente
        urlando ha vomitato
        un po' della dorata bile
        a cui è tanto affezionata
        Per riuscire in questo giuoco
        utile e divertente
        Lavarsi le dita
        accuratamente
        in una pinta di buon sangue
        a ognuno la sua platea.
        Jacques Prévert
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          Scritta da: Eclissi

          Lo sforzo umano

          Lo sforzo umano
          non è quel bel giovane sorridente
          ritto sulla sua gamba di gesso
          o di pietra
          e che mostra grazie ai puerili artifici dello scultore
          la stupida illusione
          della gioia della danza e del giubilo
          evocante con l'altra gamba in aria
          la dolcezza del ritorno a casa
          No
          Lo sforzo umano non porta un fanciullo sulla spalla destra
          un altro sulla testa
          e un terzo sulla spalla sinistra
          con gli attrezzi a tracolla
          e la giovane moglie felice aggrappata al suo braccio
          Lo sforzo umano porta un cinto erniario
          e le cicatrici delle lotte
          intraprese dalla classe operaia
          contro un mondo assurdo e senza leggi
          Lo sforzo umano non possiede una vera casa
          esso ha l'odore del proprio lavoro
          ed è intaccato ai polmoni
          il suo salario è magro
          e così i suoi figli
          lavora come un negro
          e il negro lavora come lui
          Lo sforzo umano no ha il savoir-vivre
          Lo sforzo umano non ha l'età della ragione
          lo sforzo umano ha l'età delle caserme
          l'età dei bagni penali e delle prigioni
          l'età delle chiese e delle officine
          l'età dei cannoni
          e lui che ha piantato dappertutto i vigneti
          e accordato tutti i violini
          si nutre di cattivi sogni
          si ubriaca con il cattivo vino della rassegnazione
          e come un grande scoiattolo ebbro
          vorticosamente gira senza posa
          in un universo ostile
          polveroso e dal soffitto basso
          e forgia senza fermarsi la catena
          la terrificante catena in cui tutto s'incatena
          la miseria il profitto il lavoro la carneficina
          la tristezza la sventura l'insonnia la noia
          la terrificante catena d'oro
          di carbone di ferro e d'acciaio
          di scoria e polvere di ferro
          passata intorno al collo
          di un mondo abbandonato
          la miserabile catena
          sulla quale vengono ad aggrapparsi
          i ciondoli divini
          le reliquie sacre
          le croci al merito le croci uncinate
          le scimmiette portafortuna
          le medaglie dei vecchi servitori
          i ninnoli della sfortuna
          e il gran pezzo da museo
          il gran ritratto equestre
          il gran ritratto in piedi
          il gran ritratto di faccia di profilo su un sol piede
          il gran ritratto dorato
          il gran ritratto del grande indovino
          il gran ritratto del grande imperatore
          il gran ritratto del grande pensatore
          del gran camaleonte
          del grande moralizzatore
          del dignitoso e triste buffone
          la testa del grande scocciatore
          la testa dell'aggressivo pacificatore
          la testa da sbirro del grande liberatore
          la testa di Adolf Hitler
          la testa del signor Thiers
          la testa del dittatore
          la testa del fucilatore
          di non importa qual paese
          di non importa qual colore
          la testa odiosa
          la testa disgraziata
          la faccia da schiaffi
          la faccia da massacrare
          la faccia della paura.
          Jacques Prévert
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Fille d'acier

            Je n'aimais personne dans le monde
            Je n'aimais personne sauf celui que j'aimais
            Mon amant mon amant celui qui m'attirait
            Maintenant tout a changé est-ce lui qui a cessé de m'aimer
            Mon amant qui a cessé de m'attirer est-ce moi?
            Je ne sais pas et puis qu'est-ce ça pet faire tout ça?
            Maintenant je suis couchée sur la paille humide de l'amour
            Toute seule avec tous les autres toute seule désespsèrée
            Fille de fer-blanc fille rouillée
            O mon amant mon amant mort ou vivant
            Je veux que tu te rappelles autrefois
            Mon amant celui qui m'aimait et que j'aimais.
            Jacques Prévert
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              Scritta da: Rosita Matera

              La fotocamera di Izis

              La fotocamera di Izis è una scatola magica.
              Dalle sue mani fioriscono
              come per incanto
              esseri e cose
              che si aprono e si animano
              come quei fiori di carta giapponesi che,
              posti in un bicchier d'acqua,
              diventano all'istante esseri o cose
              di un immediato passato.
              Più tardi,
              deposte fra le pagine di un libro,
              sembrano dormire nei loro letti di carta.
              Ma il lettore apre il libro
              e le ridesta alla vita quando vuole,
              e le riconosce
              anche se non le ha mai viste prima.
              Jacques Prévert
              Composta mercoledì 9 agosto 2017
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                Scritta da: Edoardo Grimoldi

                L'organo di Barberia

                Moi je joue du piano
                disait l'un
                moi je joue du violon
                disait l'autre
                moi de la harpe moi du banjo
                moi du violoncelle
                moi du biniou... moi de la flûte
                et moi de la crécelle.
                Et les uns et les autres parlaient parlaient
                parlaient de ce qu'ils jouaient
                On n'entendait pas la musique
                tout le monde parlait
                parlait parlait
                personne ne jouait
                mais dans un coin un homme se taisait:
                "Et de quel instrument jouez-vous Monsieur
                qui vous taisez et qui ne dites rien?"
                lui demandèrent les musiciens
                "Moi je joue de l'orgue de Barbarie
                et je joue du couteau aussi"
                dit l'homme qui jusqu'ici
                n'avait absolument rien dit
                et puis il s'avança le couteau à la main
                et il tua tous les musiciens
                et il joua de l'orgue de Barbarie
                et sa musique était si vraie
                et si vivante et si jolie
                que la petite fille du maître de la maison
                sortit de dessous le piano
                où elle était couchée
                endormie par ennui
                et elle dit:
                "Moi je jouais au cerceau
                à la balle au chasseur
                je jouais à la marelle
                je jouais avec un seau
                je jouais avec une pelle
                je jouais au papa et à la maman
                je jouais à chat perché
                je jouais avec mes poupées
                je jouais avec une ombrelle
                je jouais avec mon petit frère
                avec ma petite soeur
                je jouais au gendarme
                et au voleur
                mais c'est fini fini fini
                je veux jouer à l'assassin
                je veux jouer de l'orgue de Barbarie."
                Et l'homme prit la petite fille par la main
                et ils s'en allèrent dans les villes
                dans les maisons dans les jardins
                et puis ils tuèrent le plus de monde possible
                après quoi ils se marièrent
                et ils eurent beaucoup d'enfants.
                Mais
                l'aînè apprit le piano
                le second le violon
                le troisième la harpe
                le quatrième la crécelle
                le cinquième le violoncelle
                et puis ils se mirent à parler parler
                parler parler parler
                on n'entendit plus la musique
                et tout fut à recommencer!

                Io suono il piano
                uno diceva
                E io il violino
                l'altro diceva
                Io l'arpa io il banjo
                io il violoncello
                io il flauto... io cornamusa...
                io raganella...
                Gli uni e gli altri parlavano parlavano
                parlavano di quello che suonavano.
                Non si sentiva musica
                tutti quanti parlavano
                più nessuno suonava
                ma in un angolo un uomo stava zitto:
                "E voi mio signore che strumento suonate
                voi che state lì zitto e non parlate?"
                "Io suono l'organo di Barberia
                e me la cavo col coltello"
                disse l'uomo che fino a quel momento non aveva fiatato
                e poi si fece avanti con il coltello in mano
                e ammazzò tutti i musicanti
                e suonò l'organo di Barberia
                e così vera musica era la sua
                e così viva e bella
                che la bambinetta del padrone di casa
                uscì da sotto il piano
                dove per noia giaceva addormentata
                e disse:
                "io giocavo col cerchio
                a palla prigioniera
                giocavo al mondo
                giocavo col secchiello e la paletta
                giocavo ai genitori
                giocavo a nascondino
                giocavo con la bambola
                giocavo con l'ombrello
                con il mio fratellino
                con la mia sorellina
                giocavo a guardia e ladro
                ma adesso basta! Adesso basta!
                Adesso voglio giocare all'assassino
                adesso voglio suonare l'organo di Barberia."
                E l'uomo prese per mano la bambina
                e andarono per case
                per città per giardini
                ammazzando tutta la gente che potevano ammazzare
                dopodiché si sposarono
                e fecero tanti bambini
                senonché
                il primo studiò piano
                il secondo violino
                il terzo arpa
                il quarto raganella
                il quinto violoncello
                e poi cominciarono a parlare a parlare
                la musica non si sentiva più
                e tutto questo andò a ricominciare!
                Jacques Prévert
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