M'innamoro del filo d'acqua che dalla cannella bagna l'asciutto del catino abbandonato e della ragnatela del mattino imperlata di rugiada, della nota alta che si strozza in gola, della debolezza dell'innamorato che bacia il respiro dell'amata addormentata, dello sbadiglio di chi non ha dormito, del tuono che romba, del lampo che ruba un attimo di luce, del bambino e della donna sfregiati che alla prepotenza della storia pagano il conto più salato, del cane che al mattino sotto la finestra mi saluta con l'abbaio, del gatto che per dispetto non mi fa le fusa, di una mano che s'allunga che ho voglia di stringere perché è nera, di un volto scuro pieno di paura, della parola usurata a volte male usata. M'innamoro di una lista che non è finita, perché s'allunga per quanto è immenso il dono di una vita.
Zebrata la bianca neve sulle cime aguzze annuncia presagi che nel sogno vedono nuvole all'orizzonte vanificare il costante desiderio, in un'attesa che non ha recinti. Assente è la parola che tampona, a volte sanguina, non concede tregua a chi affannoso arranca, cerca il respiro. Squarcia urli, rompe il buio della notte il mio amore ferito, viòla è la pelle che l'avvolge. Tu non hai più lacrime, il mare presta lacrime ai tuoi occhi, l'intonaco del muro si sfarina, lieve una mano sfiora il tuo voto, s'impiglia nei capelli.
Dopo tante lune ricordati di me. I tuoi passi silenti albeggiano nell'eco dell'ombra, la mano tesa ricongiunge oblii. Ora che la terra nutre sentimenti, i fiori del mandorlo profumano l'aria e le labbra tremano, riposo nell'alveo dell'infinito pensiero dei tuoi desideri. Dopo tanti emisferi argentei mi ricorderò di te.