È un'estate degli schiavi d'una guerra priva d'un ideale per la patria non amata. I raggi dorati e bollenti del sole spaccano le pietre di granito d'una fortezza in cui si pone rifugio nelle ore di tregua dell'aspra battaglia. Una vita animalesca, d'un incauta lucertola, perde la coda, ansima ma prosegue il cammino. Seduti intorno ad un tavolo sudicio puntiamo il poco denaro in giochi di carte, giochi di furbizia, nel reciproco inganno all'unico fine d'accaparrarci una somma, una ricchezza fittizia, il giorno dopo sparisce. S'elevano le colonne di fumo delle sigarette, un fumo denso, traspaiono solo i visi di fronte. Sono gli unici momenti di vaghi discorsi, una matura esperienza di sofferenza in ciascuno. Nella veglia delle ore notturne di tregua s'odono solo echi di spari nel silenzio, nel cielo sferzano lampi di proiettili. L'unica luce è risorgere in un mondo di pace, fare ritorno in un paese trasformato, non accecato, unica mira espandere i confini, dove la dolce ferita sarà ascoltare la vita.
È solo nelle forti tempeste di maestrale il disperdere tempo prezioso - immense ondate s'infrangono impetuose tra le conchiglie. Giorni inutili del pescatore, sin col nonno, nel paese, unica parlata il dialetto, ad apprendere i dettagli del mestiere. Presto con i compagni di conoscenze a sortire nell'alba dal porticciolo, la fragile chiglia solca in ogni stagione il saliscendi a intervalli del mare, il motore scoppietta calcolata miscela. È un costante perseverare nello scandagliare i fondali sabbiosi in cerca di sorgenti fruttifere. L'unico strumento a disposizione dalla nascita nell'arrampicare gli stenti, svicolare tra le enormi pietre predisposte. La casa è diroccata - nei muri crepe e muffa - e l'allusione all'amore poco gli appartiene, sino a una scarna prole a cui dare pane. Le rughe di sale presto corrugheranno il viso, dalla gioventù la pelle ne era già segnata e, forse, un giorno qualsiasi, un pericolo mortale, per una barca che n'è talmente incurante, apporrà il punto, nei flutti, al dolore.
In un paese di case dai muri ingialliti che s'affaccia s'un dirupo lacustre si snodano pochi intrecci di vicoli.
Tra questi il ritrovo centrale è un bar dal retro fumoso e stanco in cui i vecchi si sfidano a scopa schiamazzando, insultandosi tra le coppie per un errore nel completare la primiera.
Emergono i tetti inondati dal gioioso riflesso rossastro del calare del sole, nell'orizzonte.
Attraverso lo specchio delle finestre è ammirare il cielo dove le rade nubi son sospinte da un soffio di vento che, nell'istante in cui s'accanisce, si proiettano trafelate.
Umili alcove, di amori nel destino, pochi spiccioli spesi nel cibo e nei pargoli il materasso duro unico momento d'ardore.
Eri il pensiero azzurro, poi d'incanto apparsa radiosa cogli occhi nocciola di luce e l'oro dei capelli nel vento aprendo il cuore in un canto di gioia tale al più bel fiore d'un tappeto d'erba.
Così si levano le strofe del mio canto, unica perla nel mappamondo dove hai colorato di magia i sogni che ora scorrono in un fiume limpido e azzurro dalle acque chete come le note della tua voce, la dolce melodia che m'accompagna nei giorni.
Ecco il vero giardino di tulipani, angelo profumato d'aurora, mia stella sortita in una notte lontana ed ora alla vetta delle praterie planetarie, l'astro che abbaglia i viandanti attoniti davanti a tanta bellezza.
Il cielo s'è fatto rosato, quando scenderà ad aghi la pioggia c'ubriacherà solo di felicità e saremo s'un sentiero ornato di glicini uniti nella mente e nel cuore nella fiaba d'un incantesimo.
Perché tu sei la rosa che profuma d'amore la mia vita.
I marosi si ritraggono veloci accarezzando le spine dei ricci e s'infrangono sulla scogliera.
I pori delle rocce s'imbevono di salmastro ma conta il fragore che s'instilla nell'udito, ne coglie le sfumature e genera curiosità: sorge un lampo acuto nelle pupille, si sposta la luce degli occhi e del litorale ne coglie le rilevanze.
È una costiera frastagliata, di anse ebbre di sale, insinuate, aperte a sbocchi sulle increspature, sottilmente infittite da una spuma ferita dal vento di maestrale.
Al limitare della distesa salina, vaghi promontori s'intuiscono in un arcipelago. Un'isola annessa appare nell'aria tersa ma sparisce non appena compaiono velature.
E, però, più l'aprirsi d'un mare sin dalle rive - varca l'ampiezza d'una fitta coltre di nubi - a render lucente l'immagine d'una fotografia di libertà.