Le migliori poesie di Maria Concetta Arcioni

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Il paese senza scarpe

Tante piccole case,
appena si entra,
la testa vien formandosi,
un po' arruffata,
tinteggiata di rosa
nelle guance,
un po' di ombretto verde,
i capelli sono grigi.
Via via il corpo si flette
dirigendo le sue membra
verso la discesa.
L'ampiapiazza gli fa da cintura.
Il suo cuore palpita
attraverso il vecchio campanile.
Le gambe scendono giù,
quasi radici
dell'antico borgo,
stanche, memori
di tanti ricordi.
In fondo... i suoi piedi
sono nudi.
È strtano...
Non ha le scarpe.
Un po' di tenerezza
mi prende
per quei vecchi piedi scalzi.
Le scarpe ormai
consumate dai secoli
sono rotte,
al loro posto macerie,
tegole cascanti,
ostinatamente aggrappate
alle pareti
di case cadute.
Ecco... mi piacerebbe
regalare a qusto vecchio
tenero corpo
un paio di scarpe nuove.
Maria Concetta Arcioni
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    Una farfalla

    Una piccola farfalla
    esce, inizia i suoi
    primi incerti voli.

    Una mano la prende
    e la depone su di
    un fiore, grande e meraviglioso.

    La farfalla è felice,
    put le sue ali
    non sono abbastanza
    cresciute
    per volar via.

    E rimane lì,
    su quel fiore profumato.

    In attesa di crescere
    piccola piccola
    rimane sola.

    Una lacrima scende
    e bagna l'odoroso fiore.

    Perché l'hanno adagiata
    su quel trono?

    La sua bellezza era
    più importante
    della sua solitudine.
    Maria Concetta Arcioni
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      Il Nido

      Non ci sono fiumi,
      né montagne,
      né laghi, né oceani,
      che possano
      con la loro potenza
      riportare questo
      mio suono intenso
      d'amore per voi.
      Eravamo lì,
      teneri, piccoli
      nel nostro nido,
      protetti
      dai nostri calori.
      Ero molto felice,
      una nostalgia mi
      assale,
      ogni volta che
      ritorno a quel nido.
      Cinguettii, voli,
      suoni armonici,
      il tutto
      in quel mondo incantato
      della nostra infanzia.
      Poi, la partenza.
      Maria Concetta Arcioni
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        Fruscio di ali

        Sono un volo continuo
        di uccelli.
        Fruscio di ali,
        nell'aria,
        intorno a me.

        Girano a frotte
        e continuano sempre
        questo rituale
        svolazzare
        che mi attira e
        mi dà timore.

        Vorrei trattenere
        uno di loro,
        afferrarlo,
        e tenerlo per sempre
        con me.

        Ma non ci riesco,
        c'è qualcosa al di fuori
        della mia portata umana.

        Ma... ecco, se ne vanno.
        È finita.

        Sento un distacco atroce,
        perché so che non potrò
        più averli,
        né sentirli, né udirli.

        Ma, chissà se un giorno
        risentirò mai
        da qualche parte,
        in questo immenso
        quel fruscio di ali.
        Maria Concetta Arcioni
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