Primavera è a un passo, mi colma d'azzurro e di riverberi, mi chiude nel desiderio che fa duri i seni e fa sussultare la vagina. Al canto delle rane uscirò nuda per le strade. Dovranno vedermi che sono bella e piena d'ardori. Lui verrà a saperlo e perderà le staffe. Lo sa che anche il vento può farmi godere da forsennata.
Eppure a volte, chissà da dove arrivata, mi prende la notte con le sue ali e mi porta nell'eremo caldo dei sospiri che liberano l'incanto. È lì che trovo una bambola lercia e scucita, ormai un piccolo alveare le cui api parlano la mia lingua, e un cespo di rose canine che profumano senza secondi fini.
A pezzi agende calendari afrori di corone mortuarie nel recinto degli albicocchi per collaudare l'assetto del tempo turgida vena che accende e che spegne la verità del sangue nell'altalena degli elettrochoc.