Se i miei nervi avessero il bianco di certe carni che mi si strappano sotto la falce delle lune che si riempiono di quegli astri insanguinati che congiungono il buio del tetto eterno che mi sovrasta e la terra marcia che calpesto con la lingua che arriva a strisciare per assaporare il gusto di ciò che mi resta di reale bagnandomi delle stesse lacrime rosse-stellari tras-figurarmi nella dimenticanza del sonno che giunge nero umano fisico come abbraccio di morte.
Dell'amore e sull'amore ho cercato il non sapere ho spento lumi franato strade tra il dubbio e il rifiuto resa tabula rasa ho trasfuso noumeno di china sotto il fenomeno d'ogni dolore nel dolere intangibile bagnato per due volte nello stesso sangue -soffro dunque sono- d'ogni inganno estetico sull'anima estatica del cuore ho fatto cosmo arché di carne e battito sui giudizi universali maieutica del desiderio sulla dialettica scettica tra me e la pelle ho elevato le potenze d'ogni atto schiudendomi sulle mie verità eclettica tra le emozioni stoica nella perdita.
Sapessi leggermi Questo mio tetro teatro Dipingeresti di terrore I sorrisi dei pagliacci E saliresti sulle altalene delle mie paure Dove le corde sono liane Nei boschi autunnali del mio cuore. Della pioggia di oggi Potresti ancora lavarti le mani Sull'umidità dei miei capelli E sederti al riparo del collo. Guardarsi sarebbe coraggioso infinito.
Dev'essere stato un ricordo, l'ultimo sussulto e le dita che battono sui tasti come fosse una marcia di pensieri in fila sul filo della bocca chiusa. Ci vuole il latte alle mandorle per certe cose della mente – mi dico; lo direi anche a te se ci fossi – credo tutto sia in eredità. Dallo splendore alla paura, dal coraggio alla disfatta, dal misfatto alla tragedia, dall'ansia al riso immotivato. Ho visto molte cose in questi giorni appena trascorsi. Conchiglie grandi così. E onde. Onde alte così. I miei occhi e le sue mani. Forse, il possibile è da aspirare lungo un tiro di sigaretta e per il probabile giro bene il caffè così sa più dolce. Mi mancano quattordici pagine per finire il libro, poi, magari, ne scrivo uno io. Sta bene questo nuovo vaso all'angolo della stanza. L'altro è ancòra vuoto. Mi sento andare verso un rassicurante autunno. Più mio. Questo è quanto.