Le sedie dormono in piedi anche il tavolo il tappeto sdraiato sul dorso ha chiuso gli arabeschi lo specchio dorme gli occhi delle finestre sono chiusi il balcone dorme con le gambe penzolanti nel vuoto i camini sul tetto dirimpetto dormono sui marciapiedi dormono le acacie la nuvola dorme stringendosi al petto una stella in casa fuori di casa dorme la luce
ma tu ti sei svegliata mia rosa le sedie si sono svegliate si precipitano da un angolo all'altro anche il tavolo il tappeto si è messo a sedere gli arabeschi hanno aperto i petali lo specchio si è risvegliato come un lago all'aurora le finestre hanno spalancato immensi occhi azzurri il balcone si è risvegliato ha tirato su dal vuoto le gambe i camini dirimpetto si son messi a fumare le acacie han cominciato a chiacchierare sui marciapiedi la nuvola si è svegliata ha lanciato la sua stella nella nostra stanza in casa fuori di casa la luce si è risvegliata si è versata sui tuoi capelli è colata tra le tue palme ha cinto la tua vita nuda i tuoi piedi bianchi.
Il raggio è riempito di miele i tuoi occhi son pieni di sole. I tuoi occhi, mia rosa, saranno cenere domani, e il miele continuerà a riempire altri raggi.
Non mi fermo a rimpiangere i giorni passati - salvo una certa notte d'estate – e anche l'ultima luce dei miei occhi azzurri ti annuncerà lieti giorni futuri.
Un giorno, madre natura dirà: "Mia creatura hai già riso, hai già pianto abbastanza". E di nuovo, immensa sconfinata, ricomincerà la vita, senza occhi, senza parola, senza pensiero...
Ti ho sognata mi sei apparsa sopra i rami passando vicino alla luna tra una nuvola e l'altra andavi, e io ti seguivo ti fermavi e io mi fermavo, mi fermavo, e tu ti fermavi, mi guardavi e io ti guardavo ti guardavo e tu mi guardavi poi tutto è finito.
Sei la mia schiavitù sei la mia libertà sei la mia carne che brucia come la nuda carne delle notti d'estate sei la mia patria tu, coi riflessi verdi dei tuoi occhi tu, alta e vittoriosa sei la mia nostalgia di saperti inaccessibile nel momento stesso in cui ti afferro.
L'uomo dice alla donna t'amo e come: come se stringessi tra le palme il mio cuore, simile a scheggia di vetro che m'insanguina i diti quando lo spezzo follemente.
L'uomo dice alla donna t'amo e come: con la profondità dei chilometri con l'immensità dei chilometri cento per cento mille per cento cento volte l'infinitamente cento.
La donna dice all'uomo ho guardato
con le mie labbra con la mia testa col mio cuore con amore con terrore, curvandomi sulle tue labbra sul tuo cuore sulla tua testa. E quello che dico adesso l'ho imparato da te come un mormorio nelle tenebre e oggi so che la terra come una madre dal viso di sole allatta la sua creatura più bella. Ma che fare? I miei capelli sono impigliati ai diti di ciò che muore non posso strapparne la testa devi partire guardando gli occhi del nuovo nato devi abbandonarmi.
La donna ha taciuto si sono baciati un libro è caduto sul pavimento una finestra si è chiusa.
Veder cadere le foglie mi lacera dentro soprattutto le foglie dei viali soprattutto se sono ippocastani soprattutto se passano dei bimbi soprattutto se il cielo è sereno soprattutto se ho avuto, quel giorno, una buona notizia soprattutto se il cuore, quel giorno, non mi fa male soprattutto se credo, quel giorno, che quella che amo mi ami soprattutto se quel giorno mi sento d'accordo con gli uomini e con me stesso veder cadere le foglie mi lacera dentro soprattutto le foglie dei viali dei viali d'ippocastani.
Ti sei stancata di portare il mio peso ti sei stancata delle mie mani dei miei occhi della mia ombra dei miei tradimenti le mie parole erano incendi le mie parole erano pozzi profondi le mie parole erano stanchezza, noia serale, un giorno improvvisamente sentirai dentro di te il peso dei miei passi che si allontanano esitando quel peso sarà quello più grave.
Sotto la pioggia camminava la primavera con i suoi piedi esili e lunghi sull'asfalto di Mosca chiusa tra gli pneumatici i motori le stoffe le pelli il mio cardiogramma era pessimo quel giorno quel che si attende verrà in un'ora inattesa verrà tutto da solo senza condurre con sè coloro che già partirono suonavano il primo concerto di Ciajkowskj sotto la pioggia salirai le scale senza di me un garofano sta all'ultimo piano della casa al balcone sotto la pioggia camminava la primavera con i suoi piedi esili e lunghi sull'asfalto di Mosca ti sei seduta di fronte a me non mi vedi sorridi a una tristezza che fuma lontano la primavera ti porta via da me ti conduce altrove e un giorno non tornerai più ti perderai nella pioggia.
Ed ecco ce ne andiamo come siamo venuti arrivederci fratello mare mi porto un po' della tua ghiaia un po' del tuo sale azzurro un po' della tua infinità e un pochino della tua luce e della tua infelicità. Ci hai saputo dir molte cose sul tuo destino di mare eccoci con un po' più di speranza eccoci con un po' più di saggezza e ce ne andiamo come siamo venuti arrivederci fratello mare.