Mi piace quando taci Mi piace quando taci perché sei come assente, e mi ascolti da lungi e la mia voce non ti tocca. Sembra che gli occhi ti sian volati via e che un bacio ti abbia chiuso la bocca. Poiché tutte le cose son piene della mia anima emergi dalle cose, piene dell'anima mia. Farfalla di sogno, rassomigli alla mia anima, e rassomigli alla parola malinconia. Mi piace quando taci e sei come distante. E stai come lamentandoti, farfatta turbante. E mi ascolti da lungi, e la mia voce non ti raggiunge: lascia che io taccia col tuo silenzio. Lascia che ti parli pure col tuo silenzio chiaro come una lampada, semplice come un anello. Sei come la notte, silenziosa e costellata. Il tuo silenzio è di stella, così lontano e semplice. Mi piace quando taci perché sei come assente. Distante e dolorosa, come se fossi morta. Allora una parola, un sorriso bastano. E son felice, felice che non sia così.
Giochi ogni giorno con la luce dell'universo. Sottile visitstrice, giungi nel fiore e nell'acqua. Sei più di questa bianca testina che stringo come un grapolo tra le mie mani ogni giorno.
A nessuno rassomigli da che ti amo. Lasciami stenderti tra le ghirlande gialle. Chi scrive il tuo nome a lettere di fumo tra le stelle del sud? Ah lascia che ricordi come eri allora, quando ancora non esistevi.
Improvvisamente il vento ulula e sbatte la mia finestra chiusa. Il cielo è una rete colma di pesci cupi. Qui vengono a finire i venti, tutti. La pioggia si denuda.
Passano fuggendo gli uccelli. Il vento. Il vento. Io posso lottare solamente contro la forza degli uomini. Il temporale solleva in turbine foglie oscure e scioglie tutte le barche che iersera s'ancorarono al cielo.
Tu sei qui. Ah tu non fuggi. Tu mi risponderai fino all'ulitmo grido. Raggomitolati al mio fianco come se avessi paura. Tuttavia qualche volta corse un'ombra strana nei tuoi occhi.
Ora, anche ora, piccola mi rechi caprifogli, ed hai persino i seni profumati. Mentre il vento triste galoppa uccidendo farfalle io ti amo, e la mia gioia morde la tua bocca di susina.
Quanto ti sarà costato abituarti a me, alla mia anima sola e selvaggia, al mio nome che tutti allontanano. Abbiamo visto ardere tante volte l'astro baciandoci gli occhi e sulle nostre teste ergersi i crepuscoli in ventagli giranti.
Le mie parole piovvero su di te accarezzandoti. Ho amato da tempo il tuo corpo di madreperla soleggiata. Ti credo persino padrona dell'universo. Ti porterò dalle montagne fiori allegri, copihues, nocciole oscure, e ceste silvestri di baci. Voglio fare con te ciò che la primavera fa con i ciliegi.
Sto segnando da tempo con croci di fuoco l'atlante bianco del tuo corpo. La mia bocca era un ragno che passava nascondendosi. In te, dietro te, timorosa, assetata.
Storie da raccontarti sulla sponda della sera, perché tu non sia triste, bambola triste e dolce. Un cigno, un albero, qualcosa che è lontano e gioioso. La stagione dell'uva, la stagione matura e piena di frutti.
Io che ho vissuto in un porto e da lì ti amavo. La solitudine solcata di sogno e di silenzio. Rinchiuso tra il mare e la tristezza. Silenzioso, delirante, tra due gondolieri immobili.
Tra le labbra e la voce, qualcosa va morendo. Qualcosa che ha ali d'uccello, fatto d'angoscia e d'oblio. Così come e reti non trattengono l'acqua. Bambola mia, restano solo gocce tremanti. Eppure, qualcosa canta tra queste parole fugaci. Qualcosa canta, qualcosa sale fino alla mia avida bocca. Oh poterti celebrare con tutte le parole della gioia. Cantare, bruciare, fuggire, come un campanile nelle mani di un folle. Mia triste tenerezza, in cosa muti all'improvviso? Quando o raggiunto il vertice più ardito e freddo il mio cuore si chiude come un fiore notturno.
Quasi fuori dal cielo ormeggia tra due montagne la metà della luna. Roteante, vagabonda notte, quella che scava gli occhi. Chissà quante stelle triturate nella pozzanghera! Fa una croce a lutto tra le mie ciglia, fugge. Fucina di metalli azzurri, notti di lotte silenziose, il mio cuore gira come un volano impazzito. Bimba venuta da lontano, da tanto lontano qui condotta, folgora a volte il suo sguardo sotto il cielo. Piagnisteo, tempesta, mulinello di furia, incrocia sul mio cuore senza fermarti. Vento dei sepolcri, travolge, distruggi disperdi la tua radice sonnolenta. Sradica i grandi alberi sulla sua opposta riva. Eppure tu, bimba chiara, domanda di fumo, spiga. Era colei che formava il vento con foglie brillanti. Oltre le montagne notturne, giglio bianco d'incendio, oh nulla posso dire! Era fatta di tutte le cose. Angoscia che mi hai aperto il petto a coltellate, è ora di seguire un'altra strada, dove lei non sorrida.
Temporale che ha sepolto le campane, torbido fermento di burrasche perché toccarla ora, perché intristirla?
Ah seguire il cammino che si allontana da tutto, dove non stia già aspettando l'angoscia, la morte, l'inverno con i suoi occhi tra la rugiada.
Abbiamo perso anche questo crepuscolo. Nessuno ci ha visto stasera mano nella mano mentre la notte azzurra cadeva sul mondo. Ho visto dalla mia finestra la festa del tramonto sui monti lontani. A volte, come una moneta mi si accendeva un pezzo di sole tra le mani. Io ti ricordavo con l'anima oppressa da quella tristezza che tu mi conosci. Dove eri allora? Tra quali genti? Dicendo quali parole? Perché mi investirà tutto l'amore di colpo quando mi sento triste e ti sento lontana? È caduto il libro che sempre si prende al crepuscolo e come cane ferito il mantello mi si è accucciato tra i piedi. Sempre, sempre ti allontani la sera e vai dove il crepuscolo corre cancellando statue.
Ubriaco di trementina e di lunghi baci, guido il veliero delle rose, estivo, che volge verso la morte del giorno sottile, posato sulla solida frenesia marina.
Pallido e ormeggiato alla mia acqua famelica incrocio nell'acre odore del clima aperto, ancora vestito di grigio e di suoni amari, e di un cimiero triste di spuma abbandonata.
Vado, duro di passioni, in sella all'unica mia onda, lunare, solare, ardente e freddo, repentino, addormentato nella gola di felici isole bianche e dolci come freschi fianchi.
Trema nella notte umida il mio abito di baci follemente carico di impulsi elettrici, diviso in modo eroico tra i miei sogni e le rose inebrianti che con me si cimentano.
Controcorrente, in mezzo a onde esterne, il tuo corpo parallelo si ferma tra le mie braccia come un pesce per sempre incollato alla mia anima, rapido e lento nell'energia subceleste.
Ah vastità di pini, rumore d'onde che si frangono, lento gioco di luci, campana solitaria, crepuscolo che cade nei tuoi occhi, bambola chiocciola terrestre, in te la terra canta!
In te i fiumi cantano e in essi l'anima mia fugge come tu desideri e verso dove tu vorrai. Segnami la mia strada nel tuo arco di speranza e lancerò in delirio il mio stormo di frecce.
Intorno a me sto osservando la tua cintura di nebbia e i1 tuo silenzio incalza le mie ore inseguite, e sei tu ton le tue braccia di pietra trasparente
dove i miei baci si ancorano e la mia umida ansia s'annida.
Ah la tua voce misteriosa che l'amore tinge e piega nel crepuscolo risonante e morente! Così in ore profonde sopra i campi ho visto piegarsi le spighe sulla bocca del vento.
Nella sua fiamma mortale la luce ti avvolge. Assorta, pallida, dolente, adagiata così contro le antiche spirali del crepuscolo che intorno a te gira.
Muta, amica mia, sola nella solitudine di quest'ora di morte e piena delle tante vite del fuoco, erede pura del giorno distrutto.
Dal sole cade un grappolo sul tuo vestito scuro. Le grandi radici della notte crescono improvvise dalla tua anima, e riaffiorano in superficie le cose in te celate, così che un popolo pallido e azzurro da te appena generato si nutre.
Oh solenne e feconda e magnetica schiava del cerchio che in nero e oro succede: fiera, cerca e trova una creazione tanto viva che i suoi fiori soccombono, e di tristezza è piena.