Argo

Argo, tu, vecchio cane d'Ulisse
Tu, cieco e pieno di sordide zecche
Udisti qualcosa nell'aria che disse
È tornato, di certo, senza tema di pecche

È tornato, sentisti il lontano ricordo
Uno schiaffo, dal naso perfora 'l cervello,
sopito e nascosto immemore e sordo
Ora è un urlo: di certo il suo odore era quello!

Qualcosa rimane di antichi ricordi
Nelle menti dei bimbi ormai fatti lenti
Di tiepide arie, di gialli tramonti

Di voli d'uccelli, di alberi verdi
Presenze di madri, di antichi momenti
Da bimbi contenti ai lor petti avvinti.

Lo so: anch'io ricordo un odore
Che torna se cerco la pace e il conforto
Che vorrei risentire in quel dolce tepore
Ma l'intelletto mi fa questo gran torto

Ché quando ci pensa me lo fa disvanire.
Conservo le foto, qualche vecchio filmino
Un nastro che dice qual fu 'l tuo parlare
Quel vecchio quaderno per il tuo bambino

I ricordi di cose mi ti fan ritrovare
Di quando ridevi, di quando cantavi
Di quando stavamo la sera a parlare

Ma solo un ricordo non so conservare
Non so come nasconderlo in alberi cavi
E quel caro odore pian piano scompare.
Puccio Bellasio
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    San Bortolo

    Non era la luna nel cielo
    Ma le stelle lucevano, e il melo
    Mostrava le foglie d'argento

    Guardando il giorno già spento
    Passavan ragazzi la sera:
    La sera passava sincera

    Dicendo di voglie novelle
    Intanto nei campi le zolle
    Splendevano lucide presso la Gora

    Non vedo più le stellate d'allora!

    Un tiepido cielo di latte
    E l'ore volavano ratte
    Nei giorni che non passan mai

    Nei giorni che ancora non sai
    Del primo incontro d'amore
    Del primo tuo grande dolore:

    E intanto dentro la stalla
    Sentivi crollar di catene
    Mentre le mucche sbuffavano ancora

    Non vedo più le stellate d'allora!

    Schiarava la notturna luce
    I muri con finestre a croce
    Del cesso in fondo al cortile

    Ed il letame vicino al fienile
    Da cui saliva un bel fumo
    Che a me sembrava profumo

    Sentivi le voci passare
    Vedevi i campi brillare
    Seduti sotto quell'albero d'oro

    Non vedo più le stellate d'allora!
    Puccio Bellasio
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      Passa una fresca ora della notte
      Mentre guardo il tuo bianco musetto
      Che di sole ha rosse le guanciotte
      E di efelidi puntini sul nasetto

      Della nonna indossi i bei merletti
      Che sbuffan sulle morbide bracciotte
      Come fiore che spunta da un mazzetto
      Od un vapore che le veli nella notte.

      Un ricciolo t'arricciola la fronte
      Che pari del seicento una damina
      Nascondendo quella buffa rughettina
      E pari un vaporetto mentre ronfe

      Da tant'anni ormai che dormo qui vicino
      Però devo dire se lo sai
      Che sei sempre un gran bel bocconcino!
      Puccio Bellasio
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        Ictus

        Guardo i tuoi occhi a cercare
        L'ombra del cuore d'allora:
        La tua forza di viver e d'amare

        Dove i miei occhi trovavano allora
        E trovano, adesso, la pace e 'l ristoro.

        Ora, tu sei nonna ai miei figli.
        Non so come presentar loro
        Quei tuoi dolci e cari consigli.

        Sulla povera sedia rotella
        Or non vedi
        non senti
        non sei

        La vita ti sembra ancor bella?
        Non so, ricordando qual eri
        Non lo so, vedendo qual sei!

        Non posso credere che ora
        Sei tu che hai bisogno
        Di me, ma lo sento,
        come in un brutto sogno:

        E sento un rimorso
        Per tutte le volte
        che (non) lo sapevo
        e non t'ho soccorso.

        Vita breve, veloce, lontana, tiranna
        Che passa, che vola ed inganna!
        Già son più vecchio di come ricordo
        Te, quando bimbo, fanciullo, adolesco
        Guardavo, e tu mi davi 'l soccorso

        Anche ora la vedo,
        forse più spesso ch'io crede
        Anche a me verrà questo peso
        che tu ora porti sì lieve.

        I miei figli
        che già mi vedono vecchio
        Avranno anche loro i lor figli,
        ed io sarò come un tuo specchio

        Tu piccola, grande vecchietta
        Morivi
        ed io ti teneva la mano

        Riapristi i tuoi occhi
        coraggiosi e gentili
        Mi lasciavi: ti dissi ti amo
        E tu ancora tornasti al richiamo.

        I tuoi sensi, il tuo cuore è ancor quello
        Più lento, più dolente è il tuo passo,
        che chiede pazienza, non canti d'uccello:
        Così la tua mente, dal muovere lasso
        Richiede rispetto al più lento suo passo.
        Puccio Bellasio
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