Mentre la pioggia copre il loro pianto, oltre lo sguardo innocente e il grido muto, che del dolore chiedono i perché, essi stanno in un angolo dispersi.
A rubare ogni giorno l'alba al giorno. A seminare palline di carta per le strade di nessun luogo, cercando, in un sorriso, di rincorrere il sapore dell'amore. Di una vita appena percepita.
Con le piccole mani nude, screpolate. Ignorate. Verso muri alti, sfuggenti. Di giardini immensi e finti.
In un mondo di valzer, stonato, arenato sul lembo inamovibile d'inquietanti vanità falsate. Senza più tempo. All'ingiù!
Bambini nati in piedi. Prigionieri. Spettinati da un'infanzia d'artificio. Che inquieti si arrabattano tra le acque infette dell'Indifferenza. Liberi, solo, di essere fantasmi in città annebbiate da splendori.
Disperatamente io grido.
Grido sulle piccole mani vuote, i passi barcollanti nel fango. La mia voce si rompe:
Possa il vento disperdere la pioggia che copre il loro pianto. Sbriciolare angeli per nutrire avvoltoi.
Purificare i duri cuori. Uscire dall'Assenza. Liberare l'Amore con sentimento. Senza travestimenti.
In armonia con ogni stagione.
Mettere il mattone caldo nei loro letti di gelo:
Per accendere bianchi sorrisi; dare respiro alla luce per nuovi mattini sicuri dove candidi e sensuali bucaneve sminuzzano, ancora, dolci sonetti.
In questa trasparenza mattutina, t'inchini al colle come allora, tu, terra di sole e di speranze, coronata dal vigile profilo della forte Maiella. Sì, fammi essere felice. Ritorna a respirami nel tuo cielo azzurro. Sciogli i miei capelli, le mie non comprese ali. Che io possa dimenticare fra le trame dei vigneti il gelo triste dell'inganno.
Con te ho condiviso l'infinito, il canto astuto dell'arcobaleno, mentre, vestita di luce, rincorrevo lungo i campi la luna, senza dolermi delle tue stoppie.
Io non cercavo mari da varcare. Né cieli immaginifici e lontani.
Mi bastava la musica di una fisarmonica che ci univa la sera ed il profumo di gelsomino che lusinga il tempo avaro dell'attesa. E ci lusinga.
Ora che sono qui. Col mio sorriso bambino, tu risplendi come bianca sorgente nell'essenza che mi emani; mentre da lontano tornano la casa antica, le dolci acacie, le lucciole, le coccinelle, il miracolo di due farfalle dentro lo stesso fiore. I campi rosseggianti di papaveri. La tenerezza della sua voce.
Tu sei la nostalgia. Il sogno perso. Ora che ho conosciuto un'altra vita.
Un'altra vita fatta di giardini chiusi, di erbe incoerenti. Di fiori tristi. Campi disseccati. Strade d'acciaio rovente. Di abbandoni.
E un buio fitto, che dentro me dorme e si risveglia, lasciando tracce umide di solitudini ed inferni dove l'anima affannata a volte fugge e si nasconde.
Muta e nuda tu mi guardi. Senza lasciarmi un segno.
Vuota, dei giorni che non osiamo più sperare, fra case sconosciute e alberi secchi. E passi che s'incrociano ciechi. Con la lucida pazienza di un amore disilluso dalle parole.
Declina il sole all'orizzonte e avvolge con sé, nel suo mistero le ore i colori, le parole dissipate.
Laggiù il mare si perde con la sua onda. I muri, le cose, le case nella loro ombra.
Ed ogni cosa ha un suo sapore di sfuggito d'amaro, d'incerto, d'impotenza a non saper rivivere quel tempo di quando si rideva con un niente.
Gli occhi erano vicini alle parole e la sera, a gruppi, ci si scaldava il cuore.
Ed io che inciampo sempre nei ricordi, la grande nostalgia delle tue mani...
Si raccontava allora: le coccinelle a sciami, le fragole nel bosco, le viole, le nonne al camino, le favole, i bambini. Il pane nella zuppa e nel cuore.
Eppure ci vuole poco ad alzare lo sguardo, schiudere gli occhi al cielo, l'arcobaleno, lo scambio di un sorriso, di un saluto che illumini con calore un altro viso.
Tutto è nella ruggine da scrostare che copre il sole, i fiori certi, i nomi.
E lavorare con le nostre mani d'anime per liberare le stelle, rammendare ali alla speranza.
Poter lasciare così questo Silenzio. Gridare l'amore forte, sempre più forte:
Amore seme primo della Vita, scava la roccia ed offre la sorgente.
Lascia aperto il giardino dei nostri sogni: in questo giorno di prime viole. Il mio cuore potrà volare di fiore in fiore in cerca di un colore o un'essenza leggera che mi parli di te.
È passato un secolo da ieri la tua anima sa che non ti ho mai scordato.
Perché resti muta nel buio?
Tu non puoi, non vuoi rispondere. Nell'aria s'odono solo le mie parole. Che sfiorano i ricordi dei nostri sogni persi sopra lontani giacigli di paglia.
I tuoi occhi spenti raccolgono invano il tempo fermo in quella notte troppo buia.
Lascia aperto il giardino dei nostri sogni in questo giorno di prime viole. Guarda: due bimbe felici sui prati raccolgono allegre teneri fiori di camomilla.
I cuori liberi senza ali oltre l'azzurro del cielo
Afferra la mia mano. Ti condurrò lì dove soffia il vento e il sole, il sole chiarisce ogni ombra.
E come farfalle ci poseremo leggere sui petali di rosa ad ascoltare ancora il canto della vita di quando si rideva, si parlava. Si sognava.
Noi, poveri smarriti, in marcia verso il domani assemblati nelle pulsioni ad inventar preghiere con filtri nuovi in attesa di compiere l'esistenza:
Nel frastuono terribile del silenzio.
Angeli maleducati sputano sul nostro cammino. Sui nostri cuori inerti, scabri di chiodi per appenderci la miseria.
Guerra. Fame. Morte. Pianto. Disastri. Degrado. Orrori: c a o s!
Popoli in fuga con occhi di pioggia. Occhi di bimbi che non han mai giocato. Cattive stagioni infuriano violente travolgono il giorno, cambiando il suo corso in cieli atemporali.
Non si può sostenere la vita con l'anima ingiallita!
Noi, poveri smarriti, in marcia verso il domani per frangere il grande silenzio aprire il cuore all'aurora, un futuro d'amore ormai scordato.
Nuovo tepore rischiarerà coscienze ci porterà, abbracciati, a coltivar l'amore, un variopinto fiore:
I tuoi muri sono troppo alti quando vorresti uscire dall'inferno e andare incontro all'arcobaleno.
Quando t'accorgi dei piedi incollati e non trovi un Cireneo a dissetarti, ma un burattinaio pronto a barattare sull'altare dorato un pizzico di magia coi tuoi sogni.
I tuoi muri sono troppo alti quando vorresti cambiare la notte con il giorno e ti accorgi d'aver smarrito il faro degli incontri:
La tua voce è flebile, le spalle appesantite... Allora butti il fazzoletto bianco allo sconforto e con l'anima travestita, ti affidi ancora alla mascherata triste dell'appuntamento:
Per guadagnare il posto preferito all'altare dell'ignavia e ornare i tuoi balocchi prediletti.
I tuoi muri sono troppo alti quando vorresti rimediare la libertà di esistere e ti accorgi che il buffone della commedia dell'oro protegge la sua sacca, sogghigna e tira la fune.
La droga ha cinto la pianura e il vento di speranza si ferisce coi fili spinati.
Mi correvi incontro. A stringere dolcezza, a respirar sapore di casa e di sorriso mentre io mi raccontavo per sognare di vivere all'unisono la vita.
- Studia, stai attento, non far tardi - mi canzonavi col motorino balzellando.
Ed io restavo ferma lì a guardarti fino all'ultimo puntino in lontananza.
Tra bicchieri piatti e telegiornali riempivo poi l'attesa del tuo ritorno:
credendo i sogni tuoi vicini ai miei continuavo tranquilla quel tramestio.
Ora, che il tuo letto è di sogni disfatto la scrivania vuota della tua ombra il pavimento sgombro dei giovani passi dei calzini, cuffiette spente e libri sparsi.
Le pareti spoglie della tua innocenza di canzoni che fiorivano di speranza del che, Dilan Dog e Harly Davinson sfavillante inciampo nei frammenti di parole col cuore pieno solo del tuo nome.
E mi emoziona quest'ardore indecifrabile che si rispecchia nell'amore di mia madre che continua la vita oltre tutti i silenzi.
E non credo c'entri sempre l'inverno che avanza se non mi bastano più i miei canti e voglio riempirmi delle tue cose dell'eco dei tuoi ricordi incipriati, oggi, che sei un uomo e vivi la tua favola lontano.
Io sono qui, dentro l'immensa stanza, a misurare i passi del silenzio a spiare l'alba ché presto avanzi e mi rinnovi lo stupore della tua voce. E lascio la porta un po' socchiusa.
Quando i miei occhi penetrano il tuo sguardo fino a leggerti dentro, è solo per amore.
E mai vorrei vedere quei rivoli bianchi che occhio distratto non coglie che scendono piano sul volto e, come perle trasparenti, ti sfiorano calde le mani; e che lasci dissolvere distratto nel nulla.
E mai vorrei sentire il tuo pianto non pianto, le grida soffocate, senza ali, che riescono a squarciare il cielo.
È solo per amore che il mio amore ruba il tuo pianto al vento, muta le tue lacrime in musica, che riconduco a te:
Ho riposto la maschera di Arlecchino e Pulcinella; e Colombina, pure quella.
Nell'aria limpida del mattino mi son seduta ai margini del mondo per osservare la vita che s'alza.
Uomini come formiche spuntano veloci da ogni angolo. Volti grigi senza sorrisi su gambe, come bielle svelte, s'alternano al suolo senza sfiorarsi. Occhi assenti, labbra tirate, cervelli ingabbiati: inizia la corsa.
Tutti uguali camuffati tutti uguali a camminare tutti pronti a sopraffare tutti pronti a condannare tutti in fila per pregare tutti pronti a sparare tutti uguali ad assicurare con i bla bla bla e l'amore a parole...
Piangi Pierrot, piangi e cancella quelle finte lacrime nere col tuo dolore.
E tu, uomo: rallenta la corsa, china la testa sulle tue spalle... e rifletti.
Guardati accanto: c'è una mano protesa, scambia un sorriso col suo dolore.
Riannoda i sogni persi nel gelo e falli volare alto come libellule.
Ritroverai così lo slancio d'un sorriso seppellirai l'inganno e solo allora la vita sarà vera festa:
d'Amore, generosità e... leggerezza.
E tu, tu sarai uno diverso. Non più uno fra tanti nell'universo!