Rigonfio inutile di parole sono io. Fili spinosi di perché mi aggrovigliano. Ma ecco salto nel buio, Tu mi trovi e sfinita mi abbandono fra le tue braccia invisibili a umano sguardo, ma ancora vere: accoglienti come ieri, come oggi come sempre.
In questo meriggio settembrino, nella campagna di Mongibello, tre farfalle colorate, simili a variopinti fiori volanti, volteggiano leggiadre posandosi poi sul rustico muretto adornato dalle violacciocche viola.
Da tempo lontano troneggia nel mio giardino lussureggiante palma e gli uccelli v'intrecciano liete canzoni. Ma oggi percepisco un inquietante, continuo scricchiolio: lento, sonoro, sibilante, simile a vento di tempesta. Mi avvio inquieta verso la mia luce di verde, ma improvviso schianto rumoroso mi ferma. Impotente, attonita guardo l'immane scempio: la mia palma amica giace inerte e non sorride più la ricca chioma. Ora cinguettii d'uccelli formano corona intonando per lei l'ultimo canto d'amore. Io, con volo di pensiero, l'abbraccio e premurosa depongo nel giardino del mio cuore la sua verdeggiante bellezza.
Il nostro antico sentiero dell'amore oggi è infestato da spine di lontananze, ma io ricerco ancora la collina dorata dal sole della gioia. Riparto In tormentoso travaglio verso la mia casa dell'amore. Attraverso valli solitarie Ed ecco, d'incanto, ritrovo il ferreo portone. Mi accosto, lo spingo, ma non si apre. Incerta mi fermo stringendo fra le frementi dita la mia chiave, che nella toppa inutilmente stride. Manto d'insignificanza smorza la mia voce, che afona non penetra più nei meandri del tuo cuore.
Imponente, scuro appare il castello rischiarato dall'azzurro del cielo e del mare. Colombi insieme volano leggeri. Nella balconata circolare noi tre insieme esprimiamo palpiti di vita. Giù le onde, tumultuose come i pensieri, vanno e vengono si infrangono nell'alta scogliera ritornano e infine si placano perdendosi in un "mare" di bianca spuma. Il cuore, finalmente placato, spazia in onde luminose di preghiera.
Lascio la sterpaglia di solitudine, mi allontano dalla pietraia di egoismo e trepida ricerco la casa dell'amore. La trovo, infine, decisa ne spingo il portone misterioso. Cigola, ma si apre, mi addentro m'afferra l'amore, profumo d'intesa! Ora, rivestita solo di gioia, nuda scendo dal letto. I tuoi occhi, resi pudichi dal fiore candido di mia innocenza, s'impegnano nel ricoprirmi di candidi fili d'amore! Ma nel prato della vita mi raggiunge impietosa l'ala del tempo, che disegna ricami sul mio viso e m'imbianca di fili d'argento. Mi alzo ancora e, in giovinezza di pensiero, raggiungo la casa dell'amore. Ora mi guardi, tu amore, sorriso d'intesa.