Ieri, dalla banca del tuo cuore, ho prelevato scintille di luce, colorati fiori di speranza, trasparenti nuvole di gioia. Ma il tempo ha intaccato il mio patrimonio d'amore. Oggi, stringendo fra le mani appassiti fiori di speranza, incerta m'incammino per l'antica strada e ritrovo ancora aperta per me la banca del tuo cuore. Vi entro e sicura vi riscuoto nuovo prestito dal tuo intatto tesoro d'amore.
Sola, da anonime lontananze, arrivo. E già Rosaria mi regala tavola imbandita. In spazio di libertà con sua chitarra amica Livio accarezza note di preghiera, mentre risa di bimbe cantano speranza. Trepida bevo acqua di pace, mastico pane di gioia. Oggi, risplende nell'albero di mia vita la nuova perla di amicizia sacra.
Nell'anonimato cittadino, acuta, penetrante, rimbombante m'investe la finta allegria dei fuochi artificiali. Amare vibrano le mie corde di solitudine. Mi ribello, mi fermo, decisa risalgo su spazi intatti di libertà e raggiungo la mia cattedrale di silenzio. E d'incanto ritrovo cielo profumato di fratelli. Ora mi rivive dentro fiume di pace nel mio diverso capodanno.
Mi affaccio alla finestra del mio cuore, e, dal prato del tempo un bimbo appare: anno novello, dono di ore, giorni di pace. Nuova perla adorna la collana della vita donata da Te, o Dio, che sei l'Amore.
Profumo di gioia nell'attesa e la zampogna risuona in alto per la stretta via. L'eco rimbomba lieto da monte a valle corro festosa già treccine sciolte. La voce trepida di mia madre ferma solo i miei piedi ma non placa la fretta del cuore. Le rustiche casette fiorite sono di giovani donne con poppanti al seno. Belati di agnelli nelle stalle odor di latte, di campagne intorno, lontano nitriti di cavalli ed abbaiar di cani. Presepio di vita. Tintinna lieto il suono di campane e pioggia di stelle rilucente arriva dalla strapiena chiesa. Freddo pungente intorno caldo tepore nel cuore fanciullo ricco di sacri affetti e di speranze certe.
Frastornati da spot pubblicitari, abbagliati da ammiccanti insegne luminose, noi, aborti di speranza, ci aggiriamo nell'anonimato cittadino. Ingoiamo acerbi Frutti di solitudini, beviamo a fonti inquinate di egoismo e delusi trasciniamo valigie vuote di fraternità. Ci scuote improvviso Un fischio acuto: ripassa il treno del primo Natale della storia. Anche ora, sei Tu, o Signore, che trepido, speranzoso attendi ancora la nostra travagliata nascita all'amore.