È senza fiori il ciliegio piantato lì, eppure è primavera. È arrivato il tempo senza frutto, ne farò un tavolo, forte e longevo, più di me. Arriva il tempo in cui parlare o tacere non fa differenza. Arriva il tempo in cui si sceglie di farsi silenzio, un silenzio più breve di sé.
Sono mute le mie labbra al tuo cospetto ed echeggia il mio cuore come una notte di tempesta se solo la tua ombra da lontano io scorgo come un'ape di nettare nutrita torno in vita col vigore di un bambino potessi io in un sonno profondo calare la mia mente allo svanire delle tue sembianze col letargo del sole per rivivere domani.
Come sono grandi le piccole cose, un sassolino nella scarpa, un granello di sabbia in un occhio: piccole cose eppure, il viaggio si arresta, gli occhi lacrimano. Piccole cose.
Incrocio sempre più spesso e mi ci fermo volentieri, la pigrizia del non pensare e poi la ragione buttata lì su una panchina dormiente come un vecchio barbone dal cattivo odore rassegnato dai troppi no e poi il sapere il sapere che rende meno sudici i sacchi a pelo più pulite le elemosine attutisce perfino il rumore stridente, ferroso dei treni che avvolge, di morbida tolleranza, ogni gomitata. Resto in compagnia, non so se a malincuore della pigrizia del non pensare.
Amami come ieri quando mi portavi una rosa al mattino oggi la prenderei conservando pure le spine in ricordo del dolore che ti ho lasciato in memoria dell'odio che hai provato amami come ieri come un giorno da aspettare un vuoto da riempire amami come ieri come chi ha perso la memoria del domani.