Non mi volterò indietro, né sarò il tuo Dio impietoso, ti abbraccerò per l'ultima volta oltrepassando la soglia incerta del destino. Ti scaglierò addosso la mia maledizione come afa sorda trasalirò al tuo petto e sarò linfa insonne delle tue notti d'estate. Mi travestirò come tenebra nel lungo giro del cielo. Ingorda e maldestra attraverserò i tuoi giorni increspandone la carne. Salice, ramo, luna gialla, trifoglio, beffardo giro della vita, tutti diranno questa donna è malata. Vieni a prendermi, questa è l'ora in cui con occhio caldo di rapace ti guarderò, sfinita ti lascerò irrompere come veleno.
Leggerai i miei versi rendendomi immortale, sulle opere stanche crescerà ogni ramo, su ogni ramo si getterà un fiore. La mano smarrita cercherà altro inchiostro per inocularsi di nuovo alla vita. Mi farai un ritratto che tesserai con fili di edera e mi custodirai nel grembo vuoto. Nel tremito di un morso ti riporterai alla luce, come gancio le tue dita visiteranno la terra variopinta. Attenderò l'attimo in cui arriverai e mi sorprenderò mentre ti starò sognando.
Brucia muto il poeta, dalle sue ceneri divampa odore acre che tutto soffoca. Pelle d'alabastro incarna un'attesa. Tra mistero e dolore, lieto, attende scalzo un nuovo fuoco.
Voce di cane. Mi giunse una voce umana, è la vita pensai, mi destai dal male delle mie ossa, ma era solo l'infrangersi del vento, aveva scompigliato gli alberi nelle fronde fitte e massicce di un abbraccio comune. Mi aveva lasciata ciondolare come catena, appesa nella brodaglia del seme e della bava come bozzolo di farfalla in attesa di nascita. Avrebbe reciso le ali, senza alcuna pietà qualora in vigore avessi osato un volo. Nessun valore di ascolto, ma solo un rimodellarsi a sua misura dentro ogni male della carne. Lo vedevo ruggire, mai ridimensionato, ma empio della sua spada, mossa dagli istinti di cane. Mi giunse una voce umana, è la vita pensai, mi destai dal male delle mie ossa, ma era solo pioggia, nevrotico canto di rinascita, pioggia con voce di tintinnio mortale. Ero ruggine sulle mie gambe stanche, ronzio, sterco, corazza, lui ape a succhiarne la linfa. Voce di cane fece vedere i suoi denti l'autunno scese senza spiragli, chiuse le tende della sua stanza, ciechi rimasero i miei occhi, tutto giunse ad annunciare il mio castigo.