Lucido Le mie unghie Affilate come scimitarre dei feroci saladini Mi specchio nel loro grigio perlato d'acciaio damaschino Lampeggiano gli occhi, fari abbaglianti, tremolanti segnali delle navi sperse tra oceani in burrasca. Che bramo Io? Ho già fatto a brandelli il passato Addentato saldamente il presente. Deposto in fondo all'armadio la mia pelle umana decorata da immagini d'inutili pellegrinaggi ai pendii delle montagne sacre. Ora sfoggio voluttuosa lucida pelliccia nera sul corpo di donna dal cuore di pantera.
Fiero in volo, libero, neanche mi guardi Albatro Non sono io la tua realtà ma solo una macchia scura, indefinita che sporca il tuo orizzonte. Tu ammiri l'azzurro del mare, il grigio dello scoglio, l'argento del pesce Non t'interessa il mio inutile arcobaleno Tu, viaggiatore d'infinito Non t'incanti dall'oro dei miei capelli, dal rosso fragola della mia bocca Sorvoli le mie illusioni, le mie parole inutili Non m'annoveri al tuo branco. Solo il mio sguardo, un fulmine cobalto ti trapassa... Lui, figlio del tuo stesso dio Fratello della tua gente...
Ma domani Il mare ti canterà che sono un albatro nel corpo di donna.
Poesia... Dell'anima melodia Profumo d'infinito Il pianto mai sopito Poesia... divorante angheria Maschera d'arlecchino Cinguettio del cardellino Poesia... Esilarante eresia Gara senza traguardo Bestemmia priva di riguardo. Poesia... Un'incipiente pazzia Crudeltà del foglio bianco Affanno del cuore stanco Poesia... Fustigante furia Un ricordo attempato Un ricamo raffinato Poesia... Un'illuminata follia Un seme che nasce in terra brulla Un chiodo piantato nel muro del nulla.
Guardami Guardami! Non mi vedi? Io sono la tenda che scosti con la tua mano per guardare il cielo... E sono il cuscino sul divano, e sui tuoi occhi sono il velo del sonno improvviso... E sono la lacrima che ti scende sul viso... quando stanco e solo lavori e mediti... Guardami! Sopra di te io volo! Dei tuoi disegni inediti, mi beo golosamente... E nel mio guscio poi mi riempio la mente del tuo dolce sguardo... Guardami! Dimmi quello che vuoi! Innamorami! Io... innamorata ti guardo...
In fila indiana Sulla costiera Incedono lentamente Grosse Piccole Lucide Boriose Bellicose Trasformate in lumache loro malgrado Potenti motori ronfano impazienti Visi rassegnati scrutano il tuo orizzonte, Mare Sono qui per te per celebrare la vacanza d'agosto sudata, meritata attesa per tutto l'anno... La vacanza al mare. Arrivano, arrivano in partenze intelligenti, tutti insieme Chissà come fanno a ritrovarsi a migliaia alle quattro del mattino al casello autostradale con i cannotti, le sdraio, ombrelloni, suocere e figli in catalessi ipnotizzati da Morfeo e da cartelli pubblicitari. Qua e là qualche cane Latra rauco Tristissimo Per il mal d'auto Ignaro della fortuna di non essere stato abbandonato in qualche piazzola sperduta Vedi il suo muso appiccicato al lunotto posteriore quasi tutt'uno in uno sbalordito abbraccio con il peluche del bambino dal ciuccio pendente adornato da rivoli di saliva che fa le bolle ad ogni respiro Dorme Ripiegato su se stesso come una bambola di pezza La coda del cane tra le esili dita quasi a farsi coraggio entrambi. Arrivano, arrivano Oggi prendono il possesso degli alloggi, disfano i bagagli, s'accusano per le cose dimenticate. Ma domani Saranno tutti da te, Mare A contendersi un pezzo di spiaggia a colpi d'ombrellone A stendere gli asciugamani per delimitare il territorio Spalmarsi di quintali di creme Fare i castelli di sabbia Ingoiare chili di gelati Illudersi che questo è proprio la vacanza che hanno sognato per un lungo anno. La sera tutti in pizzeria A bruciare i risparmi In una capricciosa, marinara o quattro stagioni Annaffiata da birra alla spina annacquata I più modaioli Fanno la fila Audaci Davanti al bar sushi Da veri fricchettoni Per ingoiare Pezzi di pesce crudo avvolti in alghe dall'odore strano E sbevazzare il liquore di riso che farebbe orrore anche ai veri samurai. La notte cercano il sonno sui letti scomodi La suocera che russa Il bambino piange La pancia gorgoglia per cattiva digestione E tutti rossi gambero A grattarsi la scottatura da tedesco Presa nonostante la spalmata coscienziosa con mezzo barattolo di crema anti scotatture anti raggi ultravioletti anti turista
E tu, Mare Mandi le tue onde impassibile sulla costa... E loro arrivano Arrivano, arrivano Per glorificare Il Dio delle vacanze Chiusi nelle loro Macchine Amatissime Comprate a rate Iniziano la giornata combattendo, novelli gladiatori, per un posteggio vicino alla riva disposti a pagarlo a peso d'oro.
Oh, mare Tu che aborri le sardine sott'olio e detesti il tonno in salamoia Sopporta stoicamente tutta questa nostra umanità accaldata, arrossata, maleodorante, arrogante ed accalcata Invasore delle tue coste. Accoglici tra le tue braccia generose Proteggici da Scottature solari Meduse urticanti Alghe velenose Ombrelloni piantati nei piedi Bambini con i fucili ad acqua Vicini d'ombrellone rumorosi e ficcanaso. Liberaci dai Seni plastificati esibiti con incosciente orgoglio, spaventosamente ritti come i faraglioni di Capri e Chiappe scoperte da lottatori di summo adornate da bikini con dietro a filo interdentale Salvaci dai Vucumprà Posteggiatori abusivi Massaggiatrici tailandesi Venditori di cocco Perdonaci e Benedici noi tutti D'azzurro dall'alto della tua immortalità.
"La televisione uccide l'intelletto" disse la signora Tina mescolando la salsa di pomodoro... "Eh già..." rispose il signor Pino grattandosi, distrattamente, il capoccione perché lui aveva proprio un capoccione non una testa qualsiasi quasi un globo tondo pelato lucido. Sudava, il signor Pino, sudava come un maiale. "Sudi come un maiale" mormorò la signora Tina o, meglio, bofonchiò sotto i baffi perché la signora Tina aveva i baffi non proprio da gendarme ma ci si avvicinava... "E spegni quello schifo, è una vergogna" La vergogna era una ballerina mezza nuda tutta cosce, tette e culo e la signora Tina non sopportava proprio che quel deficiente di suo marito sbavasse per cinquanta chili di carne fasciati da due scampoli di volgare stoffa colorata. A me tanto schifo non sembra pensava il signor Pino tenendo ben serrate le labbra per non farsi sfuggire neanche un suono di approvazione, peggio: un lamento di piacere... E che piacere... I cinquanta chili si muovevano sinuosamente sul palco mostrando generosamente il mostrabile... ed il dolce ondulare delle chiappe portava il signor Pino in paradiso d'immaginazione di poter magari avere la possibilità ancora ancora di toccare sfiorare amare penetrare dare avere avere... Un'erezione... Ecco... ci siamo quasi Forse questa volta... "Sudi come un maiale" borbottò il sugo di pomodoro "... e spegni quella cosa, scimunito!" "... la televisione uccide l'intelletto!" ... la televisione uccide... ... la televisione uccide...
Forse era meglio spegnerla pensò il signor Pino osservando la televisione sul pavimento rotta... silenziosa... senza la ballerina ma con il sugo di pomodoro ed i cento chili della signora Tina sotto... Silenziosi, stranamente... Forse era meglio... sorrise il signor Pino... Accarezzandosi... La sua più grossa erezione.
Ascoltami! Ascolta la mia voce disperata Ascoltami! Apri il tuo cuore da pirata Ascoltami! E verso di me tendi le tue mani Ascoltami! Sono io la tua donna del domani Ascoltami! E se non me, odi la voce del vento Ascoltalo! Ti parlerà del mio tormento Ascoltami! e se non me, senti che dice la luna Ascoltala! Ti parlerà di una laguna dove avrei voluto affogare me stessa I giorni passano ma la mia pena non cessa Ascoltami! Io ero il vento, il sole, la luna Ascoltami! Io ero la stella, la dea Fortuna Una donna felice, solare ed appagata, la maga Circe una donna adorata Ascoltami! E che il mio urlo sconvolgente non solo a me laceri la mente...
Ti credevo immortale, eterno... E ti sbeffeggiavo quando mi elencavi i tuoi amici morti. E non credevo ai tuoi acciacchi, ai tuoi mal di schiena... Tu, un olmo! Tu, roccia! Tu, dall'appetito prepotente: mangiavi la vita a grasse cucchiaiate. Ti credevo eterno! E mi tappavo le orecchie al tuo filosofeggiare beffardo: "cosa ti rimarrà di me?" Ridevo, io, immagine di te, da te generata... Ridevo nella certezza della tua immortalità... Perché per dimostrarmi che non lo eri dovevi morire?
Volevi mangiarti la mia vita come se fosse una patata... e quando non l'hai digerita nel cesso l'hai vomitata... Ma non ti sei arreso... hai voluto un panino! L'eterno incompreso... tu... l'uomo bambino... E le montagne di gelato da solo avresti scalato per poi sentirti realizzato dentro un whisky stagionato... E mi hai morsa e divorata a quattro venti sbandierata... E mi bramavi... Mi esibivi... E mi volevi e mi hai avuta... E mi dicevi: "Hai la bocca di frutta"... Ma chi sei?... Un supermercato? Sei delicato come un carro armato! E mi hai mangiata e mi hai posseduta e mi hai amata e mi hai venduta... Tu, Giuda traditore! Mi hai donata, in un paio d'ore, al primo venuto... Al primo conquistatore...
Il mare è verde Oggi. Un battello arranca Stancamente Tra le onde. Vorrebbe fenderle fieramente Domarle con la forza della gioventù perduta da tempo Rosseggia la ruggine dello scafo popolato da alghe e molluschi. Il fumo sbuffa Lento Dipingendo Nuvole grigie Qua e là. Un marinaio uscito da una vecchia pellicola Scruta l'orizzonte Il sole è alto E neanche un soffio di vento "Dove andiamo, vecchio mio in questa bonaccia schifosa? Neanche un ghiozzo, entrerà nella rete..." La barca scricchiola come le ossa del suo capitano. Sul lato destro riposa una sirena dai lunghi capelli verdastri Mezza mangiata dalla salsedine Mollemente adagiata Con l'occhio privo di pupilla osserva la stesa d'acqua malinconicamente. "Canta, Sirena! Il tuo vecchio è di nuovo nel mare E dicevano che Non potevo... Non ero in grado... Vecchio... Privo di forze e buono solo per l'ospizio a giocare a scala quaranta con quei rimbambiti... E dicevano che tu eri ormai andata... Un ferro arrugginito Da rottamare... Ed invece scivoli tra le pieghe marine Tintinni di conchiglie, profumi di pesca... Canta, Sirena! Ammalia il mio cuore Di libertà Per l'ultima volta. Non è tempo per omelie Non è la fine di un vecchio Mi permettano, Signorie vostre, un'ultima pesca, un piatto di paranza e poi... Ve lo prometto vado a letto. Spengo la luna Mi copro con il cielo stellato... E domani Il carro del sole Tra lingue di fuoco Nella sua corsa eterna Canterà un requiem Soavemente."