Le migliori poesie di Vincenzo Cardarelli

Poeta, nato domenica 1 maggio 1887 a Corneto Tarquinia (Italia), morto giovedì 18 giugno 1959 a Roma (Italia)
Questo autore lo trovi anche in Frasi & Aforismi.

Scritta da: Silvana Stremiz

Passato

I ricordi, queste ombre troppo lunghe
del nostro breve corpo,
questo strascico di morte
che noi lasciamo vivendo
i lugubri e durevoli ricordi,
eccoli già apparire:
melanconici e muti
fantasmi agitati da un vento funebre.
E tu non sei più che un ricordo.
Sei trapassata nella mia memoria.
Ora sì, posso dire che
che m'appartieni
e qualche cosa fra di noi è accaduto
irrevocabilmente.
Tutto finì, così rapito!
Precipitoso e lieve
il tempo ci raggiunse.
Di fuggevoli istanti ordì una storia
ben chiusa e triste.
Dovevamo saperlo che l'amore
brucia la vita e fa volare il tempo.
Vincenzo Cardarelli
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Adolescente

    Su te, vergine adolescente,
    sta come un'ombra sacra.
    Nulla è più misterioso
    e adorabile e proprio
    della tua carne spogliata.
    Ma ti recludi nell'attenta veste
    e abiti lontano
    con la tua grazia
    dove non sai chi ti raggiungerà.
    Certo non io. Se ti veggo passare
    a tanta regale distanza,
    con la chioma sciolta
    e tutta la persona astata,
    la vertigine mi si porta via.
    Sei l'imporosa e liscia creatura
    cui preme nel suo respiro
    l'oscuro gaudio della carne che appena
    sopporta la sua pienezza.
    Nel sangue, che ha diffusioni
    di fiamma sulla tua faccia,
    il cosmo fa le sue risa
    come nell'occhio nero della rondine.
    La tua pupilla è bruciata
    dal sole che dentro vi sta.
    La tua bocca è serrata.
    Non sanno le mani tue bianche
    il sudore umiliante dei contatti.
    E penso come il tuo corpo
    difficoltoso e vago
    fa disperare l'amore
    nel cuor dell'uomo!

    Pure qualcuno ti disfiorerà,
    bocca di sorgiva.
    Qualcuno che non lo saprà,
    un pescatore di spugne,
    avrà questa perla rara.
    Gli sarà grazia e fortuna
    il non averti cercata
    e non sapere chi sei
    e non poterti godere
    con la sottile coscienza
    che offende il geloso Iddio.
    Oh sì, l'animale sarà
    abbastanza ignaro
    per non morire prima di toccarti.
    E tutto è così.
    Tu anche non sai chi sei.
    E prendere ti lascerai,
    ma per vedere come il gioco è fatto,
    per ridere un poco insieme.
    Come fiamma si perde nella luce,
    al tocco della realtà
    i misteri che tu prometti
    si disciolgono in nulla.
    Inconsumata passerà
    tanta gioia!
    Tu ti darai, tu ti perderai,
    per il capriccio che non indovina
    mai, col primo che ti piacerà.
    Ama il tempo lo scherzo
    che lo seconda,
    non il cauto volere che indugia.
    Così la fanciullezza
    fa ruzzolare il mondo
    e il saggio non è che un fanciullo
    che si duole di essere cresciuto.
    Vincenzo Cardarelli
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      Scritta da: Antonella Marotta

      Amicizia

      Noi non ci conosciamo. Penso ai giorni
      che, perduti nel tempo, c'incontrammo,
      alla nostra incresciosa intimità.
      Ci siamo sempre lasciati
      senza salutarci,
      con pentimenti e scuse da lontano.
      Ci siam riaspettati al passo,
      bestie caure,
      cacciatori affinati,
      a sostenere faticosamente
      la nostra parte di estranei.
      Ritrosie disperanti,
      pause vertiginose e insormontabili,
      dicevan, nelle nostre confidenze,
      il contatto evitato e il vano incanto.
      Qualcosa ci è sempre rimasto,
      amaro vanto,
      di non aver ceduto ai nostri abbandoni,
      qualcosa ci è sempre mancato.
      Vincenzo Cardarelli
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Autunno

        Autunno. Già lo sentimmo venire
        nel vento d'agosto,
        nelle pioggie di settembre
        torrenziali e piangenti
        e un brivido percorse la terra
        che ora, nuda e triste,
        accoglie un sole smarrito.
        Ora passa e declina,
        in quest'autunno che incede
        con lentezza indicibile,
        il miglior tempo della nostra vita
        e lungamente ci dice addio.
        Vincenzo Cardarelli
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          Scritta da: Rosita Matera

          Arpeggi

          Viviamo d'un fremito d'aria,
          d'un filo di luce,
          dei più vaghi e fuggevoli
          moti del tempo,
          di albe furtive,
          di amori nascenti,
          di sguardi inattesi.

          E per esprimere quel che sentiamo
          c'è una parola sola:
          disperazione.
          Dolce, infinita, profonda parola.

          Vaga e triste è degli uomini la sorte:
          degli uomini che passano
          con non maggior fragore d'una foglia che si tramuta in terra.

          Precario stato il loro.

          La morte è uno sciogliersi,
          non un finire
          e senza tempo, senza memoria
          il terrestre viaggio.

          Il sole è stanco di contemplare
          una tanto monotona vicenda.
          Così parlava un monaco
          neghittoso e bizzarro,
          là, nell'antico Oriente:
          piccolo uomo assediato
          da immani fantasmi.
          Vincenzo Cardarelli
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            Liguria

            È la Liguria terra leggiadra.
            Il sasso ardente, l'argilla pulita,
            s'avvivano di pampini al sole.
            È gigante l'ulivo. A primavera
            appar dovunque la mimosa effimera.
            Ombra e sole s'alternano
            per quelle fondi valli
            che si celano al mare,
            per le vie lastricate
            che vanno in su, fra campi di rose,
            pozzi e terre spaccate,
            costeggiando poderi e vigne chiuse.
            In quell'arida terra il sole striscia
            sulle pietre come un serpe.
            Il mare in certi giorni
            è un giardino fiorito.
            Reca messaggi il vento.
            Venere torna a nascere
            ai soffi del maestrale.
            O chiese di Liguria, come navi
            disposte a esser varate!
            O aperti ai venti e all'onde
            liguri cimiteri!
            Una rosea tristezza vi colora
            quando di sera, simile ad un fiore
            che marcisce, la grande luce
            si va sfacendo e muore.
            Vincenzo Cardarelli
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Sera di Gavinana

              Ecco la sera e spiove
              sul toscano Appennino.

              Con lo scender che fa le nubi a valle,
              prese a lembi qua e là
              come ragne fra gli alberi intricate,
              si colorano i monti di viola.
              Dolce vagare allora
              per chi s'affanna il giorno
              ed in se stesso, incredulo, si torce.
              Viene dai borghi, qui sotto, in faccende,
              un vociar lieto e folto in cui si sente
              il giorno che declina
              e il riposo imminente.
              Vi si mischia il pulsare, il batter secco
              ed alto del camion sullo stradone
              bianco che varca i monti.
              E tutto quanto a sera,
              grilli, campane, fonti,
              fa concerto e preghiera,
              trema nell'aria sgombra.
              Ma come più rifulge,
              nell'ora che non ha un'altra luce,
              il manto dei tuoi fianchi ampi, Appennino.
              Sui tuoi prati che salgono a gironi,
              questo liquido verde, che rispunta
              fra gl'inganni del sole ad ogni acquata,
              al vento trascolora, e mi rapisce,
              per l'inquieto cammino,
              sì che teneramente fa star muta
              l'anima vagabonda.
              Vincenzo Cardarelli
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