Poetessa, saggista e traduttrice, premio nobel alla letteratura 1996, nato lunedì 2 luglio 1923 a Kórnik (Polonia), morto mercoledì 1 febbraio 2012 a Cracovia (Polonia)
È degno di ammirazione il Pi greco tre virgola uno quattro uno. Anche tutte le sue cifre successive sono iniziali, cinque nove due, poiché non finisce mai. Non si lascia abbracciare sei cinque tre cinque dallo sguardo, otto nove, dal calcolo, sette nove dall'immaginazione, e nemmeno tre due tre otto dallo scherzo, ossia dal paragone quattro sei con qualsiasi cosa due sei quattro tre al mondo. Il serpente più lungo della terra dopo vari metri si interrompe. Lo stesso, anche se un po' dopo, fanno i serpenti delle fiabe. Il corteo di cifre che compongono il Pi greco non si ferma sul bordo della pagina, È capace di srotolarsi sul tavolo, nell'aria, attraverso il muro, la foglia, il nido, le nuvole, diritto fino al cielo, per quanto è gonfio e senza fondo il cielo. Quanto è corta la treccia della cometa, proprio un codino! Com'è tenue il raggio della stella, che si curva a ogni spazio! E invece qui due tre quindici trecentodiciannove il mio numero di telefono il tuo numero di collo l'anno millenovecentosettantatré sesto piano il numero degli inquilini sessantacinque centesimi la misura dei fianchi due dita sciarada e cifra in cui vola e canta usignolo mio oppure si prega di mantenere la calma, e anche la terra e il cielo passeranno, ma non il Pi greco, oh no, niente da fare, esso sta lì con il suo cinque ancora passabile, un otto niente male, un sette non ultimo, incitando, ah, incitando l'indolente eternità a durare.
Nulla è in regalo, tutto è in prestito. Sono indebitata fino al collo. Sarò costretta a pagare per me con me stessa, a rendere la vita in cambio della vita.
È così che è stabilito, il cuore va reso e il fegato va reso e ogni singolo dito.
È troppo tardi per impugnare il contratto. Quanto devo mi sarà tolto con la pelle.
Me ne vado per il mondo tra una folla di altri debitori. Su alcuni grava l'obbligo di pagare le ali.
Altri dovranno, per amore o per forza, rendere conto delle foglie.
Nella colonna Dare ogni tessuto che è in noi. Non un ciglio, non un peduncolo da conservare per sempre.
L'inventario è preciso, e a quanto pare ci toccherà restare con niente.
Non riesco a ricordare dove, quando e perché ho permesso che aprissero questo conto a mio nome.
La protesta contro di esso la chiamano anima. E questa è l'unica voce che manca nell'inventario.
Tutto - una parola sfrontata e gonfia di boria. Andrebbe scritta fra virgolette. Finge di non tralasciare nulla, di concentrare, includere, contenere e avere. E invece è soltanto un brandello di bufera.
Pregava Dio, pregava con fervore perché facesse di lei una felice ragazza bianca. E se ormai è tardi per simili cambiamenti, allora, Signore Iddio, guarda quanto peso e toglimene almeno la metà. Ma Dio benevolo disse No. Posò soltanto la mano sul suo cuore, le guardò in gola, le carezzò il capo. E quando tutto sarà compiuto – aggiunse – mi allieterai venendo a me, mia nera gioia, tronco colmo di canto.
Dove sono andata quel giorno, che cosa ho fatto – non lo so.
Se lì vicino fosse stato commesso un delitto - non avrei un alibi.
Il sole sfolgorò e si spense Senza che ci facessi caso. La terra ruotò e non ne presi nota.
Mi sarebbe più lieve pensare Di essere morta per poco, piuttosto che ammettere di non ricordare nulla benché sia vissuta senza interruzioni.
Non ero un fantasma, dopotutto, respiravo, mangiavo, si sentiva il rumore dei miei passi, e le impronte delle mie dita dovevano restare sulle maniglie.
Lo specchio rifletteva la mia immagine. Indossavo qualcosa d'un qualche colore. Certamente più d'uno mi vide,
Forse quel giorno Trovai una cosa andata perduta. Forse ne persi una trovata poi.
Ero colma di emozioni e impressioni. Adesso tutto questo è come Tanti puntini tra parentesi.
Dove mi ero rintanata, dove mi ero cacciata – niente male come scherzetto perdermi di vista così.
Scuoto la mia memoria – Forse tra i suoi rami qualcosa Addormentato da anni Si leverà con un frullo.
La cipolla è un'altra cosa. Interiora non ne ha. Completamente cipolla Fino alla cipollità. Cipolluta di fuori, cipollosa fino al cuore, potrebbe guardarsi dentro senza provare timore. In noi ignoto e selve di pelle appena coperti, interni d'inferno, violenta anatomia, ma nella cipolla - cipolla, non visceri ritorti. Lei più e più volte nuda, fin nel fondo e così via. Coerente è la cipolla, riuscita è la cipolla. Nell'una ecco sta l'altra, nella maggiore la minore, nella seguente la successiva, cioè la terza e la quarta. Una centripeta fuga. Un'eco in coro composta. La cipolla, d'accordo: il più bel ventre del mondo. A propria lode di aureole da sé si avvolge in tondo. In noi - grasso, nervi, vene, muchi e secrezione. E a noi resta negata l'idiozia della perfezione.
Un miracolo comune: l'accadere di molti miracoli comuni.
Un miracolo normale: l'abbaiare di cani invisibili nel silenzio della notte. Un miracolo fra tanti: una piccola nuvola svolazzante, che riesce a nascondere una grande pesante luna. Più miracoli in uno: un ontano riflesso sull'acqua e che sia girato da destra a sinistra, e che cresca con la chioma in giù, e non raggiunga affatto il fondo benché l'acqua sia poco profonda. Un miracolo all'ordine del giorno: venti abbastanza deboli e moderati, impetuosi durante le tempeste. Un miracolo alla buona: le mucche sono mucche. Un altro non peggiore: proprio questo frutteto proprio da questo nocciolo. Un miracolo senza frac nero e cilindro: bianchi colombi che si alzano in volo. Un miracolo – e come chiamarlo altrimenti: oggi il sole è sorto alle 3,14 e tramonterà alle 20.01 Un miracolo che non stupisce quanto dovrebbe: la mano ha in verità meno di sei dita, però più di quattro. Un miracolo, basta guardarsi intorno: il mondo onnipresente. Un miracolo supplementare, come ogni cosa: l'inimmaginabile è immaginabile.
Tutte le tue, nostre, vostre faccende diurne, notturne sono faccende politiche.
Che ti piaccia o no, i tuoi geni hanno un passato politico, la tua pelle una sfumatura politica, i tuoi occhi un aspetto politico.
Ciò di cui parli ha una risonanza, ciò di cui taci ha una valenza in un modo o nell'altro politica.
Perfino per campi, per boschi fai passi politici su uno sfondo politico.
Anche le poesie apolitiche sono politiche, e in alto brilla la luna, cosa non più lunare. Essere o non essere, questo è il problema. Quale problema, rispondi sul tema. Problema politico.
Non devi neppure essere una creatura umana per acquistare un significato politico. Basta che tu sia petrolio, mangime arricchito o materiale riciclabile. O anche il tavolo delle trattative, sulla cui forma si è disputato per mesi: se negoziare sulla vita e la morte intorno a uno rotondo o quadrato.
Intanto la gente moriva, gli animali crepavano, le case bruciavano e i campi inselvatichivano come nelle epoche remote e meno politiche.