Poetessa, saggista e traduttrice, premio nobel alla letteratura 1996, nato lunedì 2 luglio 1923 a Kórnik (Polonia), morto mercoledì 1 febbraio 2012 a Cracovia (Polonia)
Dove corre questa cerva scritta in un bosco scritto? Ad abbeverarsi ad un'acqua scritta che riflette il suo musetto come carta carbone? Perché alza la testa, sente forse qualcosa? Poggiata su esili zampe prese in prestito dalla verità, da sotto le mie dita rizza le orecchie. Silenzio - anche questa parola fruscia sulla carta e scosta i rami generati dalla parola "bosco".
Sopra il foglio bianco si preparano al balzo lettere che possono mettersi male, un assedio di frasi che non lasceranno scampo.
In una goccia d'inchiostro c'è una buona scorta di cacciatori con l'occhio al mirino, pronti a correr giù per la ripida penna, a circondare la cerva, a puntare.
Dimenticano che la vita non è qui. Altre leggi, nero su bianco, vigono qui. Un batter d'occhio durerà quanto dico io, si lascerà dividere in piccole eternità piene di pallottole fermate in volo. Non una cosa avverrà qui se non voglio. Senza il mio assenso non cadrà foglia, né si piegherà stelo sotto il punto del piccolo zoccolo.
C'è dunque un mondo di cui reggo le sorti indipendenti? Un tempo che lego con catene di segni? Un esistere a mio comando incessante?
La gioia di scrivere Il potere di perpetuare. La vendetta d'una mano mortale.
Nella foto della folla la mia testa è la quarta dal bordo o forse la settima da sinistra o la ventesima dal basso;
la mia testa non so quale, non più una, non più unica, già simile alle simili, né femminile, né maschile;
i segni che lei mi manda non sono affatto particolari;
forse lo Spirito del Tempo la vede, però non la guarda;
la mia testa statistica, che consuma acciaio e cavi tranquillamente, globalmente;
è qualunque e non si vergogna, è scambiale, e non si dispera;
è come se non l'avessi fatto a parte, a modo mio;
è come se si scavasse un cimitero pieno di crani anonimi di buona conservabilità nonostante la mortalità; come se lei già fosse là, la mia testa d'altri, di chiunque -
dove, se qualcosa ricorda, è il suo avvenire profondo.
È stato, è passato. È stato, dunque è passato. In una sequenza sempre irreversibile, poiché tale è la regola di questa partita persa. Conclusione banale, inutile scriverne, se non per il fatto incontestabile, un fatto per i secoli dei secoli, per l'intero cosmo, qual è e sarà, che qualcosa è stato davvero, finche non è passato, persino il fatto che oggi hai mangiato gnocchi con i ciccioli.
Tu qui piangi, là si balla. Nella tua lacrima, cioè. Là si ride, c'è allegria. Là non sanno alcun perché. Come un brillio di specchi. Come guizzi di candele. Quasi portici e scalini. Scatto bianco di polsini. Quei leggeri O e H. Cloro e sodio, bei soggetti. E l'azoto damerino in cortei piroettanti su e giù sotto la volta. Tu qui piangi, e ben gli suona. Eine kleine Nachtmusik. Chi sei bella mascherina.