Scritta da: Silvana Stremiz

Anniversario (1890)

Sappi - e forse lo sai, nel camposanto -
la bimba dalle lunghe anella d'oro,
e l'altra che fu l'ultimo tuo pianto,
sappi ch'io le raccolsi e che le adoro.
Per lor ripresi il mio coraggio affranto,
e mi detersi l'anima per loro:
hanno un tetto, hanno un nido, ora, mio vanto:
e l'amor mio le nutre e il mio lavoro.
Non son felici, sappi, ma serene:
il lor sorriso ha una tristezza pia:
io le guardo - o mia sola erma famiglia! -
e sempre a gli occhi sento che mi viene
quella che ti bagnò nell'agonia
non terminata lagrima le ciglia.
dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Nel giardino

    Nel mio giardino, là nel canto oscuro
    dove ora il pettirosso tintinnìa,
    col gelsomino rampicante al muro,
    c'è la gaggìa;
    e or che ottobre dentro la vermiglia
    foresta il marzo rende morto al suolo,
    e sembra marzo, come rassomiglia
    bacca a bocciuolo,
    alba a tramonto; nelle tenui trine
    l'una si stringe, al roseo vespro, quando
    l'altro i suoi fiori, candide stelline,
    apre, alitando;
    ed al sospiro dell'avemaria,
    quando nel bosco dalle cime nude
    il dì s'esala, il cuore in una pia
    ombra si chiude;
    e l'anima in quell'ombra di ricordi
    apre corolle che imbocciar non vide;
    e l'ombra di fior d'angelo e di fior di
    spina sorride.
    dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Anniversario (1891)

      Già li vedevo gli occhi tuoi, soavi
      seguirmi sempre per il mio cammino,
      chinarsi mesti sul mio capo chino,
      volgersi, al mio dubbiar, dubbiosi e gravi.
      Come col dolor tuo mi consolavi,
      come, o cuore vivente oltre il destino!
      Come al tuo collo ti tornai bambino
      piangendo il pianto che su me versavi!
      Or che rivivo alfine, or che trovai
      ah! Le due parti del tuo cuore infranto,
      ora quell'occhio più che mai materno...
      No: tu con gli altri, al freddo, all'acqua, stai,
      con gli altri solitari in camposanto,
      in questa sera torbida d'inverno.
      dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Patria

        Sogno d'un dì d'estate.
        Quanto scampanellare
        tremulo di cicale!
        Stridule pel filare
        moveva il maestrale
        le foglie accartocciate.
        Scendea tra gli olmi il sole
        in fascie polverose;
        erano in ciel due sole
        nuvole, tenui, róse:
        due bianche spennellate
        in tutto il ciel turchino.
        Siepi di melograno,
        fratte di tamerice,
        il palpito lontano
        d'una trebbiatrice,
        l'angelus argentino...
        dov'ero? Le campane
        mi dissero dov'ero,
        piangendo, mentre un cane
        latrava al forestiero,
        che andava a capo chino.
        dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Il Cavallino

          O bel clivo fiorito Cavallino
          ch'io varcai cò leggiadri eguali a schiera
          al mio bel tempo; chi sa dir se l'era
          d'olmo la tua parlante ombra o di pino?
          Era busso ricciuto o biancospino,
          da cui dorata trasparia la sera?
          C'è un campanile tra una selva nera,
          che canta, bianco, l'inno mattutino?
          Non so: ché quando a te s'appressa il vano
          desìo, per entro il cielo fuggitivo
          te vedo incerta vision fluire.
          So ch'or sembri il paese allor lontano
          lontano, che dal tuo fiorito clivo
          io rimirai nel limpido avvenire.
          dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Alba festiva

            Che hanno le campane,
            che squillano vicine,
            che ronzano lontane?
            È un inno senza fine,
            or d'oro, ora d'argento,
            nell'ombre mattutine.
            Con un dondolìo lento
            implori, o voce d'oro,
            nel cielo sonnolento.
            Tra il cantico sonoro
            il tuo tintinno squilla,
            voce argentina - Adoro,
            adoro - Dilla, dilla,
            la nota d'oro - L'onda
            pende dal ciel, tranquilla.
            Ma voce più profonda
            sotto l'amor rimbomba,
            par che al desìo risponda:
            la voce della tomba.
            dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Dalla spiaggia

              C'è sopra il mare tutto abbonacciato
              il tremolare quasi d'una maglia:
              in fondo in fondo un ermo colonnato,
              nivee colonne d'un candor che abbaglia:
              una rovina bianca e solitaria,
              là dove azzurra è l'acqua come l'aria:
              il mare nella calma dell'estate
              ne canta tra le sue larghe sorsate.
              O bianco tempio che credei vedere
              nel chiaro giorno, dove sei vanito?
              Due barche stanno immobilmente nere,
              due barche in panna in mezzo all'infinito.
              E le due barche sembrano due bare
              smarrite in mezzo all'infinito mare;
              e piano il mare scivola alla riva
              e ne sospira nella calma estiva.
              dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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                Scritta da: Silvana Stremiz

                Il fiume

                Fiume che là specchiasti un casolare
                cò suoi rossi garofani, qua mura
                d'erme castella, e tremula verzura;
                eccoti giunto al fragoroso mare:
                ed ecco i flutti verso te balzare
                su dall'interminabile pianura,
                in larghe file; e nella riva oscura
                questa si frange, e quella in alto appare;
                tituba e croscia. E là, donde tu lieto,
                di sasso in sasso, al piè d'una betulla,
                sgorghi sonoro tra le brevi sponde;
                a un po' d'auretta scricchiola il canneto,
                fruscia il castagno, e forse una fanciulla
                sogna a quell'ombre, al mormorìo dell'onde.
                dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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                  Scritta da: Silvana Stremiz

                  Canzone d'Aprile

                  Fantasma tu giungi,
                  tu parti mistero.
                  Venisti, o di lungi?
                  Ché lega già il pero,
                  fiorisce il cotogno
                  laggiù.
                  Di cincie e fringuelli
                  risuona la ripa.
                  Sei tu tra gli ornelli,
                  sei tu tra la stipa?
                  Ombra! Anima! Sogno!
                  Sei tu...?
                  Ogni anno a te grido
                  con palpito nuovo.
                  Tu giungi: sorrido;
                  tu parti: mi trovo
                  due lagrime amare
                  di più.
                  Quest'anno... oh! Quest'anno,
                  la gioia vien teco:
                  già l'odo, o m'inganno,
                  quell'eco dell'eco;
                  già t'odo cantare
                  Cu... cu.
                  dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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                    Scritta da: Silvana Stremiz

                    Anniversario (1889)

                    Sono più di trent'anni e, di queste ore,
                    mamma, tu con dolor m'hai partorito;
                    ed il mio nuovo piccolo vagito
                    t'addolorava più del tuo dolore.
                    Poi tra il dolore sempre ed il timore,
                    o dolce madre, m'hai di te nutrito:
                    e quando fui del corpo tuo vestito,
                    quand'ebbi nel mio cuor tutto il tuo cuore,
                    allor sei morta; e son vent'anni: un giorno!
                    E già gli occhi materni io penso a vuoto;
                    e il caro viso già mi si scolora;
                    mamma, e più non ti so. Ma nel soggiorno
                    freddo dè morti, nel tuo sogno immoto,
                    tu m'accarezzi i riccioli d'allora.
                    dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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