Scritta da: Silvana Stremiz

Nevicata

Nevica: l'aria brulica di bianco;
la terra è bianca; neve sopra neve:
gemono gli olmi a un lungo mugghio stanco:
cade del bianco con un tonfo lieve.
E le ventate soffiano di schianto
e per le vie mulina la bufera;
passano bimbi: un balbettìo di pianto;
passa una madre: passa una preghiera.
dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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    Scritta da: Silvana Stremiz

    Il cuore del cipresso

    O cipresso, che solo e nero stacchi
    dal vitreo cielo, sopra lo sterpeto
    irto di cardi e stridulo di biacchi:

    in te sovente, al tempo delle more,
    odono i bimbi un pispillìo secreto,
    come d'un nido che ti sogni in cuore.

    L'ultima cova. Tu canti sommesso
    mentre s'allunga l'ombra taciturna
    nel tristo campo: quasi, ermo cipresso,
    ella ricerchi tra què bronchi un'urna.

    Più brevi i giorni,
    e l'ombra ogni dì meno
    s'indugia e cerca, irrequieta, al sole;
    e il sole è freddo e pallido il sereno.

    L'ombra, ogni sera prima, entra nell'ombra:
    nell'ombra ove le stelle errano sole.
    E il rovo arrossa e con le spine ingombra

    tutti i sentieri, e cadono già roggie
    le foglie intorno (indifferente oscilla
    l'ermo cipresso), e già le prime pioggie
    fischiano, ed il libeccio ulula e squilla.

    E il tuo nido? Il tuo nido?... Ulula forte
    il vento e t'urta e ti percuote a lungo:
    tu sorgi, e resti; simile alla Morte.

    E il tuo cuore? Il tuo cuore?... Orrida trebbia
    l'acqua i miei vetri, e là ti vedo lungo,
    di nebbia nera tra la grigia nebbia.

    E il tuo sogno? La terra ecco scompare:
    la neve, muta a guisa del pensiero,
    cade. Tra il bianco e tacito franare
    tu stai, gigante immobilmente nero.
    dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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      Scritta da: Silvana Stremiz

      Il Pesco

      Penso a Livorno, a un vecchio cimitero
      di vecchi morti; ove a dormir con essi
      niuno più scende; sempre chiuso; nero
      d'alti cipressi.
      Tra i loro tronchi che mai niuno vede,
      di là dell'erto muro e delle porte
      ch'hanno obliato i cardini, si crede
      morta la Morte,
      anch'essa. Eppure, in un bel dì d'Aprile,
      sopra quel nero vidi, roseo, fresco,
      vivo, dal muro sporgere un sottile
      ramo di pesco.
      Figlio d'ignoto nòcciolo, d'allora
      sei tu cresciuto tra gli ignoti morti?
      Ed ora invidii i mandorli che indora
      l'alba negli orti?
      Od i cipressi, gracile e selvaggio,
      dimenticàti, col tuo riso allieti,
      tu trovatello in un eremitaggio
      d'anacoreti?
      dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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        Scritta da: Silvana Stremiz

        Viole d'inverno

        - Donde, o vecchina, queste violette
        serene come un lontanar di monti
        nel puro occaso? Poi che il gelo ha strette
        tutte le fonti;
        il gelo brucia dalle stelle, o nonna,
        ogni foglia, ogni radica, ogni zolla. -
        - Tiepida, sappi, lungo la Corsonna
        geme una polla.
        Là noi sciacquiamo il candido bucato
        nell'onda calda in mezzo a nevi e brine;
        e il poggio è pieno di viole, e il prato
        di pratelline. -
        Ah!... ma, poeta, non ancor nel pio
        tuo cuore è l'onda che discioglie il gelo?
        Non è la polla, calda nell'oblio
        freddo del cielo?
        Ché sempre, se ti agghiaccia la sventura,
        se l'odio altrui ti spoglia e ti desola,
        spunta, al tepor dell'anima tua pura,
        qualche viola.
        dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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          Scritta da: Silvana Stremiz

          Il Bosco

          O vecchio bosco pieno d'albatrelli,
          che sai di funghi e spiri la malìa,
          cui tutto io già scampanellare udìa
          di cicale invisibili e d'uccelli:
          in te vivono i fauni ridarelli
          ch'hanno le sussurranti aure in balìa;
          vive la ninfa, e i passi lenti spia,
          bionda tra le interrotte ombre i capelli.
          Di ninfe albeggia in mezzo alla ramaglia
          or sì or no, che se il desìo le vinca,
          l'occhio alcuna ne attinge, e il sol le bacia.
          Dileguano; e pur viva è la boscaglia,
          viva sempre nè fior della pervinca
          e nelle grandi ciocche dell'acacia.
          dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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            Scritta da: Silvana Stremiz

            Alba

            Odoravano i fior di vitalba
            per via, le ginestre nel greto;
            aliavano prima dell'alba
            le rondini nell'uliveto.
            Aliavano mute con volo
            nero, agile, di pipistrello;
            e tuttora gemea l'assiolo,
            che già spincionava il fringuello.
            Tra i pinastri era l'alba che i rivi
            mirava discendere giù:
            guizzò un raggio, soffiò su gli ulivi;
            virb... disse una rondine; e fu
            giorno: un giorno di pace e lavoro,
            che l'uomo mieteva il suo grano,
            e per tutto nel cielo sonoro
            saliva un cantare lontano.
            dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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              Scritta da: Silvana Stremiz

              Benedizione

              È la sera: piano piano
              passa il prete paziente,
              salutando della mano
              ciò che vede e ciò che sente.
              Tutti e tutto il buon piovano
              benedice santamente:
              anche il loglio, là, nel grano;
              qua, nè fiori, anche il serpente.
              Ogni ramo, ogni uccellino
              sì del bosco e sì del tetto,
              nel passare ha benedetto:
              anche il falco, anche il falchetto
              nero in mezzo al ciel turchino,
              anche il corvo, anche il becchino,
              poverino,
              che lassù nel cimitero
              raspa raspa il giorno intiero.
              dal libro "Myricae" di Giovanni Pascoli
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