Avevo messo una manciata di monetine nella tasca bucata di una vecchia giacca e, strada facendo, le ho perse tutte, formando un sentiero allettante per le gazze ladre così attratte da ciò che luccica e le mie monetine, come i miei sogni luccicavano, sì! Mi sono svegliata anche io un po' gazza ed un po' ladra, ché quando non si ha più nulla si va al mercato del dolore a rubare le mele del disincanto per la fame. Bulimica di sogni come chi non ha mai abbastanza, come chi non ne ha più. Ingozzarsi di tutto ciò che capita, se capita, senza alcun gusto, ma solo per sopperire al vuoto per poi vomitare il commiserevole senso dell'accontentarsi. Pieno. Vuoto. Vuoto. Pieno. Vuoto. La storia del vedersi e non sentirsi, del sentirsi troppo e non aversi. I sogni si avverano tutti! Siamo noi a commettere maldestri vizi di forma nell'esprimerli e, poi, si realizzano secondo l'imprecisione che c'abbiamo messo nel formularli. Eppure, io ho sempre guardato in alto quando ho lanciato i miei urli di bisogno, peccato che si sia messo sempre a piovere quando l'ho fatto, come a ricevere uno sputo in faccia anche dal cielo. Mia madre mi raccontava che ad ogni sogno esaudito, arrivava una telefonata e che si doveva andare a rispondere con il sorriso per anticipare la buona notizia; troppe volte ho urtato contro tutti gli spigoli della casa che mi facevano da ostacolo per interrompere la mia corsa, inciampando nelle frange dei tappeti e quando, finalmente, alzavo la cornetta, dall'altra parte avevano già messo giù. Mi sono rimasti i lividi spessi un dito che formano corde appena sottopelle.
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