Di vele e di sogni
Hamidullah,
a volte i tuoi
occhi sono
come persi nel
vuoto
che li inseguo
a volte
li ritrovo in un
sorriso
un po' triste un
po'
malinconico
in cerca di sogni
che
questo mondo
ti ha tolto.
Perché i tuoi
occhi che
l'Afghanistan
è nel buio
che inginocchiano
il mondo
sono mare,
sono
cielo e vento
che
le vele bianche
degli
oceani aspettavano.
Questa mattina
medicandoti
mi accorgo
che
hai un ago infisso
nella
pianta del piede.
Sono
sbalordito, nero,
più arrabbiato
smarrito,
non so nemmeno
io
cosa mi sento ed
il fucile
appoggiato dietro
il tavolo
mi guarda in piedi.
Forse
camminando adesso
che
cammini che la
sensibilità ancor ti
manca
alle piante l'ago
si è
conficcato nella tua
carne
senza te ne accorgessi.
Ed i tuoi passi
che
ancor non sentono,
penso,
sono i passi del mio
mondo, di noi,
passi ciechi
che
calpestano campi
di grano
senza rimorso e
non so
più cosa pensare
ma i fucili
tacciono in questo
giorno
eppur la guerra è
anche
nei silenzi di altri
mondi
che falsi pregano
nelle
chiese la pace ma
per loro
e non ci sarà così
mai pace.
Hamidullah
ogni volta che ti
vedo
mi insegni qualcosa
e le vele
degli oceani, di
questi deserti
aspettano
il tuo
vento, lo so.
Ti guardo nei tuoi
sguardi
spesso assenti
per
inseguirti e mi
chiedo
dei tuoi sogni
tu
che hai visto solo
sabbia
e fango e piante
senza
fiori ne voli di
farfalle.
Mi chiedo triste
che
solo l'amore per
una fata
lontana mi fa
respirare
che le sue
chiome
mi accarezzano
i pensieri
dei desideri di un
bambino
calpestati da giganti
di impronte
che non hanno idee
di libertà.
Che il mondo ora
si
fermi e ti guardi
che
si fermino i giganti,
che
i fucili tacciano per
sempre
per i sogni di un
bambino
che del mondo sono
la libertà cercata.
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