Un misero giorno di Marzo vissuto in cattività
La mia vita è come il ridere di un bambino...
Forte, fragile, vero ma doloroso
per tutti quelli che lo ascoltano
e che dentro muoiono confondendo
la primavera per un misero giorno di Marzo.
Così sbandato è il gergo dei pazzi
che credere di salvarsi è già un miracolo.
Conteranno le foglie
i serpenti nascosti nelle rocce.
Si eclisseranno le maschere di rame perdute
nell'appannarsi lento di un cuore graffiato.
E se i bambini piangono io perché vivo.
E se le aquile ormai non volano più
io perché perdo tempo raccogliendo
le piume strappate a morsi dal gridar lento
di un figlio di puttana come me.
Alla fermata del tram la gente osserva
le stagioni cambiare, le anime
infrangersi e gli sguardi perdersi
tra un sorriso e una parola
nel fittizio stupro di un inizio.
Il passato apre gli occhi anche ai ciechi
che luce non toccano senza prima sfiorare
il buio di un bacio lasciato
incatenato nel disperato vento...
Ringrazierò sempre quelli che si spogliano
sui marciapiedi in periferia dell'inverno
mettendo in mostra il corpo al dolore
che lividi non lascia privando all'orgoglio
la magia di un pianto spontaneo.
Al ristorante del futuro si sbatte
la testa contro le pareti di cemento,
si pensa al presente vissuto in cattività
e all'amore da mandare a fan culo.
C'è chi nascerà sotto i borghi con
la valigia in mano e con un padre
che in fondo non ha mai concluso niente...
S'imbarcherà lontano in cerca di isole
perse nel mezzo della perversione lottando
invano contro l'impotenza del mondo.
Fumarsi l'ansia distesi su un prato
di fiori invecchiati da estirpare,
trovarsi soli a parlare con un cane randagio
e chiedergli: "Perché l'amore sopravvive
soltanto accanto al dolore?".
Freddo e distaccato sono io
come i passi astratti dell'Iddio.
Composta venerdì 9 dicembre 2011
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