Scritta da: Silvana Stremiz

Fanciulletta bella

Di giovinezza, Fanciulletta bella,
Dal tuo bel petto spira fresco odore,
E da quei labbri con gentil favella
Sol parla Amore.
     Vaga è tua mano; ma più vaga allora
Che a puro bacio facile s'arrende,
E allor ch'ai crini della gaja Flora
Cinge le bende.
     Questi mi detta dolci carmi Apollo,
Se mai t'ascolta, Fanciulletta bella,
Sparger di canti con la cetra al collo
Iblea favella.
     Canta, deh! canta; scenderan da Paffo
Ad ascoltarti con l'orecchie amanti
Quei stessi Amor che della mesta Saffo
Pianser ai canti.
     Io son, diceva, bella Dea di Gnido,
La giovinetta cui Faon non cura,
Per lui sol piango, mentre in ogni lido
Ride natura.
     Madre del riso, dal beante seno,
Me ch'al tuo nume sempre altari alzai,
Me ch'arsi incenso d'inni e laudi pieno,
Or traggo guai.
     Siegui di Lesbo la soave Musa,
Ma scherza, e fuggi lagrimose note,
Giacché domarti l'almo Dio ricusa,
Perché nol puote.
     Che val sui fogli con cipiglio tristo
Perdere i giorni che tornar non ponno,
E violare per un vano acquisto
I dritti al sonno?
     Nata agli Amori, le scïeuti carte
Abbandonando, sol la cetra tocca:
Chè di bei carmi la difficil arte
Ti siede in bocca.

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