Se non temprasse il foco del mio core
l'umor, che verso per gli occhi sì spesso,
io avrei visto già di morte il messo,
e l'alma ad ubidirla uscita fore;
perché la speme omai cede al timore,
ed ogni cosa mia soggiace ad esso,
poi che si vede a mille segni espresso
che chi può farlo vuole il mio dolore.
Dunque, s'io vivo, è mercé del mio pianto;
s'io moro, è colpa de le crude voglie
del mio signor, in vista dolce tanto.
Ei mi legò sì ch'altri non mi scioglie,
ei vuol aver de la mia morte il vanto.
O poco chiare ed onorate spoglie!
dal libro "Rime. Vol. 2" di Gaspara Stampa
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