Un albero, una strada, un rospo
Un tavolo da 7, tutti
che ridono forte, senza smetter,
in modo quasi assordante,
ma non c'è gioia nella loro
risata, sembra
meccanica.
Finzione e falsità
avvelenano l'aria.
Sembra che gli altri avventori non lo
notino.
Sono asfissiato dalle risate,
le viscere, il cervello, la mia coscienza,
mi vanno di traverso.
Sogno di prendere una postola, di
avvicinarmi al tavolo
e di far saltare le loro teste,
una dopo l'altra.
Naturalmente, questo mi renderebbe
ancora più colpevole di
loro.
Eppure, continuo a fantasticare e
poi capisco che pretendo
troppo.
Avrei già dovuto capire
da un pezzo che è così
e basta:
che dappertutto ci sono tavoli da 2,
3,7, 10 o anche più
con gente
che ride senza motivo e
senza gioia,
che ride per niente senza
trasporto,
e che questa è una parte inevitabile
di tutto,
come un albero, una strada, un rospo.
Ordino ancora da bere e
decido di non ucciderli, nemmeno
nella mia immaginazione.
Decido, invece, che sono un
uomo davvero fortunato:
il tavolo è a 7 metri di distanza.
Potrei essere a quel tavolo, seduto
con loro,
vicino alle loro bocche,
vicino ai loro occhi e alle loro orecchie
e alle loro mani,
e sentire realmente la conversazione
che provoca le loro risate
senza gioia.
Mi sono già trovato in molte situazioni simili
ed è stata una dura croce,
davvero.
Così, mi accontento della mia buona sorte
ma non posso fare a meno di chiedermi
se al mondo sia rimasto un angolo
con un tavolo da 7 dove
si provano sentimenti autentici,
dove c'è
una bella risata vera.
Spero di si.
Devo sperare di si.
Composta domenica 3 gennaio 2010
dal libro "Cena a sbafo" di Charles Bukowski
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