Spiaggia anni Sessanta
Bastano pochi anni per distruggere una faccia
dai sessanta ai settanta.
Non parlo del trauma improvviso, della malattia
ma del lento passare del tempo,
delle trame della pelle, delle sfumature,
del lento imbiancare dei capelli, del gesto fuori tempo,
del passo che rallenta, dell'andare svagato senza meta
tra una stazione e l'altra quale che sia, del passeggiare
senza ombrello quando si addensa il temporale,
o del mettersi il cappello di lana quando viene l'inverno
in ossequio all'eterno alternarsi delle stagioni.
Parlo del balbettare quando manca la parola giusta,
o piuttosto rimane sospesa sulla punta della lingua
come un residuo di cibo che non riesci a sputare;
parlo del sorriso a vuoto, del cenno non corrisposto,
del timido saluto al mondo, del buon viso a cattiva sorte,
del brindisi al passato, del gesto composto, signorile, pacato
che nasconde il bisogno disperato
di un nuovo teatro e di un pubblico ben disposto.
Vi parlo delle nostre fattezze comuni, fratelli,
delle foto di gruppo sbiadite che tutte si assomigliano,
ricordi di lezioni, di formazioni, di tante partite giocate assieme.
Della comunione dei cuori quando la mente si stanca,
del brindisi gioviale quando il futuro ci manca,
e la memoria ci tradisce col desiderio senza nome né oggetto.
Quello del passato perfetto, compiuto, irraggiungibile,
impassibile. Fissato per sempre nell'istantanea di un sorriso.
Quanta tenerezza mi fate, amici, vicini,
miei coetanei – felicemente approdati a questa spiaggia,
stupiti e candidi come bambini.
Composta martedì 7 giugno 2016
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