Roma in un Meriggio di Marzo
Sole penetrante sul viso
Capelli che s'agitano scossi
Il vento accarezza copioso
Pallido splendore dagli occhi
Roma da un ponte ammirata
Tevere che s'agita timido
Le onde paonazze nascondono
Un caldo segreto
Una lucertola tra le sterpi
Striscia sibilante al mio passo
Corre a celarsi
Libera dietro le fronde
i gabbiani rumoreggiano in cerca di prede
i flutti reclamano l'agognato mare
Le macchine al passaggio stridono
e io rimango, fisso, a pensare
Quante anime han solcato
Questo passo che tace
Chi s'è costretto, oppur per mero diletto
d'innanzi s'è trovato a passare?
Io
Chi sono per professare
Tale immane paura di sereno?
Tale baleno?
Chi Io
Rappresento in questo piano?
Son solo l'onda più mesta
Che s'infrange pacata
Ma accetta la vista
Di chi percorrendo il marmo bollente
s'è seduto tra la polvere e il saluto
a scrivere con penna su foglio
t'amo giornata mia così solitaria
t'amo attimo di brezza mite
e ancora t'amo momento lieto sì raro
Di fiume e sterpi chel sereno a me unite
Finisco il salasso dal fiume
Concludo la riflessione
Questo sole calerà come sempre
Ma l'impresso resterà come dono
Di un Meriggio a Roma di Marzo.
Composta sabato 13 marzo 2010
Leggi un'altra Poesia Tutti gli Argomenti
Immagini con frasi
Consigliati
Ultimi argomenti inseriti
Commenti