Fatina
Per caso t'incontrai in quel paese
ove mai pensato avrei m'innamorassi
quando saltavo tra quei fossi e sassi
e, lesto, preparai il mio maggese.
Trascorso abbiamo già cinque cinquine,
di cinquina la sesta già cammina
e tu rimasta sei quella Fatina
ch'io intravidi quel dì tra le tendine.
In questi cinque già passati lustri
migliore non potevi farmi dono:
Gioielli son dal viso dolce e buono
quei cinque che donato m'hai di Astri.
In quest'anni di mutato hai solo gl'anni.
Per il resto sei com'eri: Dolce e buona
com'allora, dolce sei tuttora e buona
e mutato manco t'hanno i grand'affanni.
In trent'anni andati via divenuta
sei maestra di bontate e di dolcezza,
nell'alma tua c'è sempre giovinezza
e resti la Fatina che giammai muta.
Tanta tristezza mi riempie il cuore
il ricordo dei dì passati invano
quando tu, dolce com'ora, piano piano
mi donavi te stessa a tutte l'ore.
Sol mi consola l'accresciuto affetto
e par che le colpe un poco sminuisce
perché, per te, l'affetto non svanisce
ma rafforzar lo sento nel mio petto.
Or mio è il tuo male se malata sei,
se piangi tu, nel cuore lacrim'anch'io,
se stanca sei, ahimè, stanco son io,
contento son pur'io se tu contenta sei.
Tanto m'hai dato e tanto poco ho dato!
Ah! Se potessi indietro ritornare
amor d'amore tornerei ad amare
e sempre più vicino ti starei,
come al padrone il cagnolin fidato.
Composta mercoledì 30 novembre 1988
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