Dialogo
Tu, che rilassato, all'ombra degl'austeri
pioppi sprofondato sei in sonno tranquillo
e resti steso al loco dei misteri,
tornato sei alla terra, suo pupillo.
Tutto scordato hai dacché sei chiuso,
tutto scordato hai dacché sei steso;
se piove resti là, come recluso,
tra cielo e terra resti là, conteso.
Manco ti smuovono i caldi raggi
di cocente sole d'estiva calura,
né scuotonti li vermi dei paraggi
e d'aria t'è ripugna ogni fessura.
Prima che fosti tu, fui così pur'io.
Prima che mi partissi stetti lassù,
non sai che stare dolce è in quest'oblio:
Ah! perché non scendi pure tu quaggiù?
Non devi mai dormire perché già dormi,
non devi mai svegliarti, non è risveglio;
ten stai disteso sotto i grandi olmi,
posto più quieto non esiste e meglio.
Beato te se scendi in quest'anfratto:
Il luogo lo dimori senza sosta,
nessuno sogna mai di darti sfratto,
stai pur tranquillo: Non arriva posta.
Maestri qui non sono né mastri d'ascia,
avvocati e notai qui non trovi;
chi quivi approda tutto a terra lascia,
non sono né alberghi né ritrovi.
Pioggia mai fu e immenso mare giace;
tutt'è frastuono ma rumor non senti.
Se qui ti stendi resti in grande pace;
l'Alme son tante e tutte son'assenti.
Fors'io verrei pure in quella valle
ove mi dici che c'è tutto e nulla,
lasciando, ahimè, la conosciuta calle
per coricarmi in quell'oscura culla.
Ma il dire che tu fai parmi mistero:
Nel cranio gira forte l'emisfero,
nel petto dice il cuor: Voglio pulsare:
Non dire nulla ancor, lasciam'andare
Scendere in tale luogo non mi lice
ove ognuno parla e nessun dice,
ove tutt'è silenzio e nulla tace,
ove frastuono è ma è grande pace.
Il racconto, mi pare d'altro mondo
e partorito da mente malata;
è come in aria fare il girotondo
e la matassa è troppo ingarbugliata.
Tutto il tuo racconto è un enimma
che in toto pare solo melodramma:
Indi, eternamente restati laggiù
ch'io preferisco starmene quassù.
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