Segnali deboli
Dietro l'aspetto mite e malinconico
dell'intellettuale distaccato
era un solido uomo di potere.
Le sue parole erano di antica scuola
raffinate, avvolgenti, calibrate
e forgiate in codici sofisti
da piegare amici ed avversari
nel duttile gioco del potere.
Tra gli amici era il migliore
nel proteggere la casa,
a far quadrato agli avversari
e leggere i deboli segnali
del confuso contesto locale.
Per questo immaginò per sé
e per gli amici
nuove ed ardite alleanze
con gli avversari di ieri
e formulò ardite geometrie politiche
per una più lucrosa
spartizione del potere.
Lo fermò il fuoco dei brigatisti rossi:
cinque agenti della scorta annientati
sotto i suoi occhi,
e lui, rapito, incappucciato
trasportato nella "prigione del popolo"
processato e condannato a morte.
L'uomo lasciato al proprio destino
anche in quella estrema afflizione
chiese agli amici
con lucido pensiero
un segnale seppure debole
e problematico,
per costruire una fragile
intesa con i nemici,
al fine di ottenerne la libertà.
Un lessico piano e familiare
appariva agli amici
come scandalo, cedimento,
segno della costrizione
dell'uomo ridotto prigioniero,
chiudendo alla speranza
ogni ragione umanitaria.
E finì come doveva.
Umanissima si levò l'invettiva
contro gli amici di un tempo,
diffidati dall'essere presenti
ai suoi funerali
e maledetti per sempre
per la propria inerzia impotente
celata dietro un'ipocrita fermezza.
Composta mercoledì 10 maggio 1989
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