Le apparenze
Il maestrale ha soffiato
Nei miei occhi il suo
Muro gelido, nel secchio scuro
Il polipo muove l'acqua,
non abito mai, le mie ali
sbattono sui tuoi seni irti
attaccati nell'aria,
Divinità spogliata,
strappata a se stessa
viene con il sue pube
di potenza, fiore
di mandorlo che si gode
il cielo, la luce nel suo polline,
il giallo, la campana, il solco
sulla terra, ho ammazzato i
miei occhi a guardarti
le anche sfiorate dalle tende,
annusate già dalla
penombra dov'eri più bella,
Oblio e Rinascenza, ieri, oggi, chissà,
sotto la veste il nero increspato
come la cerosia scrutavo,
le chiavi nelle tue mani,
piacere che ha invaso a cascate,
l'anima lasciata la dov'era moriva,
trasformato in colei che amo
non sono più, le mie
labbra cadute sui tuoi
piedi bianchi, la stanza e il
sangue, il bicchiere col rossetto
impresso, la goccia del
sudore della tua carne, il ghiaccio,
gli amati lamenti.
Luna nuova, Giove
porta fortuna, Alba, un tempo
noto con un lampo
nel primo corso nel
cielo arrivai a te, nei tuoi occhi
riposi i miei vividi, apparvero i mondi,
le terrazze e bevvi nei calici
le tue offerte, l'oro era, l'oblio,
e quando fui ubriaco felice,
condor sui crinali delle cime,
tu fosti irriverente apparenza,
meretrice.
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