Cicala e formica
Un bel dì la formica laboriosa,
affaticata dalla calura estiva,
incontrò una cicala canterina
che, felice del suo canto esasperante,
strimpellava una chitarra assai grande.
Stanca e mogia la formica
s'apprestava a rincasare,
col suo carico di roba da mangiare,
prevedendo un sì lungo rigore invernale
e lo scarseggiar del cibo
sul terreno ricoperto dalla neve.
Uno sguardo sorvolò quella cicala,
che suonava e cantava a più non posso,
sotto un pioppo, al riparo delle fronde,
a godersi ampiamente la frescura.
"Lascia stare di sudare e camminare,
vieni qui vicino a me, t'insegnerò a cantare":
"Canta, canta, che l'inverno è alle porte,
suona e canta quel tuo canto petulante,
poi non starti a lamentare,
se la pancia resta vuota, senza nulla da mangiare".
Replicò la formica, alquanto risentita.
E il gelo venne infine molto presto,
a rivestir la terra d'un candido mantello.
La formica se ne stava nella tana,
al calduccio, con la scorta di provviste,
a svernare, in attesa del bel sole.
La cicala canterina,
non cantava dalla sera alla mattina,
visto che la pancia vuota
reclamava e borbottava perlomeno una cena.
Ma, ahimè, senza esser previdente,
nulla aveva messo in serbo,
in attesa dell'inverno così freddo.
Triste e in pena, chiese aiuto alla formica,
che da ospite la prese, per saziare la sua fame,
poi un consiglio elargire,
affinché smettesse un poco di frinire
e più saggia, in futuro, divenire.
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