Cantava voce
il senso dell'amore,
sussurrava labbro
il senso della tenerezza,
e guardava il sorriso.
E s'innamorò...
Ma divenne donna
in un letto di celate spine,
e consegnò, ignara, il primo
suo sangue
e il suo primo stupore.
Passarono giorni e mesi e anni
e l'amore divenne dolore,
il canto pianto
e il sussurro terrore.
Ma ancora amò.
Si abituò agli occhi chini,
si abbandonò ai silenzi.
Urlava troppo la gelida gelosia
di quel compagno severo,
e senza spensieratezza.
Cercò parole, ricevette schiaffi,
cercò sguardi ma ostili
minacciarono la notte buia
e la mattina dei passi intimiditi
e obbligati alla solitudine.
Bussava il suo cuore,
voleva il suono del canto.
sognava la dolcezza,
supplicava la saggezza
di un vivere in libertà.
Trovò il coraggio
in un giorno di maggio
e confessò il suo disagio
e per lasciare quegli occhi duri
che bramavano senza amare.
E fu decisa la condanna
dalla mente possessiva.
- No, resterai perché sei mia
e sempre lo sarai... -
E così impugnò il furore
come sangue di dolore
per un amore che non era amore
ma solo logica malattia,
negazione di una gelosa follia
per una donna stanca che andava via.
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