Prono dalla vergogna della colpa
corro coi lunghi abiti di onde,
col viso che riversa dai suoi occhi
ciechi di tante lacrime al suo suolo
tutt'un dolore vitreo, musicale,
all'alba, anche in estate si spalancano
alla riva le assenze dei tuoi piedi
da bagnare di tutto il mio me stesso,
un carillon in forma d'una rosa
suona la sua visione più concreta
nel pentagramma ch'ancora risente
del suo essersi fatto denudare
dall'iniziali note delle nubi
e il Sole, il Sole pur nel rimanere
fermo in più generosa lontananza
m'ha già fatto espiare e ora m'assolve:
mi cinge dell'aureola d'un riflesso.
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