Sei la china in cui si stempra la notte;
soltanto abbarbagliano queste crepe
d'asfalto nell'uggia abbozzata luci
riecheggiate fra un discosto lampione
e lo scalpiccio del tuo passo isocrono.
Sulla strada taciturna la tua ombra
incede ponderosa nella fuga
da una rimembranza che non è tua:
impronte seriche ed uranoliti
s'increspano fra le tue dita; un'ambra
balugina distratta sopra un gelso:
tu la cogli, non appena un'incauta
pioggia lambisce il cristallo che porti
nei tuoi occhi. Entro il cerchio silenzioso
del tuo profilo, una lacrima svetti.
La lasci cadere in un tuo sospiro,
ritorni verso casa, persuasiva
che tribolare senza avvedersene
non si preroga alle zuffe di piume...
il pencolare d'ogni tuo pensiero
quella sera era pegno d'infinito.
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