Scritta da: Gerlando Cacciatore

Il viaggio

Due valigie, una borsa a tracollo.
Un treno che ti aspetta.
Dove va?
Va;
dove ogni uomo disperato,
cerca un lavoro, cerca la serenità.
Ti porta a Firenze.
Ti ricordi?
Dal treno ti sembrava,
piccola e bella.
Dalla torre la vedi,
grande e maestosa.
È tardi.
Ti senti disperso,
in quella città grandiosa.
Cerchi una pensione.
Ti scaraventi sul letto
Stanco e affamato.
La luce del giorno,
filtra attraverso le fessure.
Ti istiga ad affrontare,
quel giorno triste,
quel giorno imprevedibile.
Girovaghi qua e la.
Come un oasi,
appare ad un uomo,
bruciato, assetato dal deserto,
così apparve a me,
l'Ufficio Collocamento.
Buon auspicio, direbbe la gente.
Entro:
- Cerco lavoro.
Sa!?
Sono congegnatore meccanico.
- Spiacente Signore;
non vi sono richieste.
Timidamente esco,
con la speranza sempre in me.
Il treno non si è fermato.
Continua la sua corsa,
verso Padova.
Triste Padova;
non mi hai dato,
sebbene per un minuto,
l'illusione che mi ha dato
Firenze.
I miei passi,
scricchiolando sulla tua strada,
mi istigano,
a ritornare sui miei passi.
Son fermo nelle mie idee!
Son fermo nelle mie speranze!
Sento che devo affrontare,
un giorno, più infausto
del solito.
Il mio essere si demoralizza.
La mia anima si fa forza.
Affronto con la forza della speranza,
il solito ufficio.
Le speranze diminuiscono.
La voglia di vivere aumenta.
Il treno continua la sua corsa.
Ti porta a Mestre.
Alcuni minuti, e mi sento
cadere ancora più giù.
Continuo la mia corsa.
Ultima speranza.
Ultima possibilità.
Verona.
Ti avevo vista, alcuni anni fa,
con l'occhio di chi è felice.
Ora mi sembri triste.
Sembra che prendi parte
al mio dolore.
Il mio essere, ghermisce,
con la forza dell'esasperato.
La mia anima si ribella.
Dentro di me,
mi sento un uomo finito.
Un uomo futile.
Un uomo messo al mondo,
per errore del Supremo.
Continuo la mia corsa,
invertita verso casa.
Con la speranza a pezzi.
Con il mio essere a terra.
Con il cuore colmo,
di odio per il mondo.
Oh uomo...
indegno di essere chiamato fratello.
Oh Italia... indegna di essere
chiamata Patria.
Manipoli me, come una pedina;
pronta a darmi in pasto,
alle belve feroci,
pur di avere il tuo tornaconto.
Come considerarti Patria?
Come far parte, di questa società
costantemente corrotta.
Composta martedì 30 novembre 1976

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    Scritta da: Gerlando Cacciatore

    Commenti

    1
    postato da , il
    Vorrei avere questa forza....

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