Il Tempo e Noi
Le mie mani sul tuo corpo
come barche dentro al porto
portano parole antiche nel tuo cuore
come l'agonia di un passato amore.
Segni indelebili furono i giorni nostri
come graffiti scolpiti oggi tu li mostri
mentre il mio eterno parlare
disegna gli spazi angusti al tuo viaggiare.
Freddo il vento in cima alla collina
segna il tempo e il suo sfiorire
evanescenze, antiche, scoppiettano sul fuoco
di chi, più che tradir, fu fedele in loco.
Al suo amor divino più di ogni altra cosa guarda
il gelido mattino che nel suo fare si sparga
mentre ognuno traccia, nel suo viaggiare indietro,
ricordi mai assopiti nella miliare pietra.
Taci stanotte e lasciami dormire
perché più che l'amare è dolce il mio morire
purché, l'estenuato corpo,
che vita più non porta
venga smarrito al vento
senza l'inutile pianto in seno al suo sgomento.
Custodi ivi resteranno
le parole mie e lo dimostreranno
se nella vita breve e sofferente
è germogliato un seme da ogni mio lamento.
La parola altrui giammai troverà respiro
nel corpo ormai disteso e privo del suo spiro
se tu, che il tempo mio segnerai,
nel tuo viaggiar terreno il tempo mio rimpiangerai.
Dispiega, così, l'immenso velo
all'apparir dell'adorato gelo
e accosta il tuo corpo al mio
nell'abbraccio dell'esilarante oblio.
Ma se riparar tu puoi, riscalda parole e corpo
di chi, nel soffrir di te, del gioir ne è morto
perché non siam come lo scherzar destino
né come il sol nel ritornar mattino.
Affidi così alla flebile speranza
ormai rinchiusa nell'adorata stanza
ciò che a rimpianger più non serve
se della sua vita fu vita breve.
Racchiudi oggi nel suo cantare
quei desideri strani e le strane manie d'amare
ora che il tuo cuor conosce
la sofferenza infima dell'angoscia.
Così, sollevare ora tu vorresti,
nel "ritorna amor mio" tu dicesti
ma la parodia di vita non lascia sbocchi
a chi segnò il tuo cuore e illuminò i tuoi occhi.
Composta mercoledì 4 novembre 2009
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