Ad E. M.
Gli occhi tuoi belli
ingranditi dalla malattia,
nel viso ripulito,
non tacciono
una mesta vaghezza crepuscolare.
È vacante la pupilla,
come avvolta da un pesante scialle nero.
Così mirando
gli occhi tuoi belli
sul fondo del mio cuore
atterra un gemito in volo,
ma dalla mia gola
un canto
s'alza,
per arrivare fin li, dove giaci, lontana,
profumata da chissà quale fiore.
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